Che caratteristiche dovrà avere l’ufficio perfetto?

Dopo il periodo della pandemia, anche i luoghi di lavoro vanno ripensati. Tra smart working, desiderio di appartenza, inclusione e necessità di avere comunque spazi vitali, i luoghi di lavoro non possono più essere gli stessi così come li abbiamo visti e frequentati nel passato. Per delineare quello che sarà il prossimo futuro degli spazi professionali e la loro evoluzione, Nomina ha realizzato una ricerca ad hoc per conto di Europa Risorse Sgr. L’indagine è stata recentemente presentata a Milano.

L’ufficio biofilico 

In base ai dati presentati, emerge che l’ufficio del futuro sarà biofilico. Ovvero un luogo capace di favorire l’integrazione dell’uomo con la natura, il benessere fisico e mentale dei lavoratori, ma anche in grado di ispirare e ospitare momenti di condivisione. 
“Le aziende cercano di andare incontro al lavoratore, in particolare i giovani e i nuovi talenti hanno bisogno di essere convinti ad arrivare in azienda. Pertanto, quasi tutte le società o almeno le più grandi hanno definito una modalità di lavoro ibrido, 50% da remoto e 50% in ufficio. Ma quel 50% di tempo che si spende in ufficio non deve essere più dedicato esclusivamente al lavoro nella propria scrivania, ma deve essere rivolto all’interazione, alla collaborazione. Quindi tutti gli uffici dovrebbero in futuro avere – come nel progetto ‘Welcome, feeling at work’ presentato oggi – una serie di accorgimenti in termini di spazi, layout e attrezzature che agevolino la collaborazione e l’interazione fra le persone. Un esempio su tutti: una volta esisteva la sala riunioni standard, in futuro ci saranno diverse tipologie di sale riunioni, da 2, da 4, da 6, da 8 da più persone, ci saranno luoghi dedicati alla collaborazione informale, per bersi un caffè, pranzare o fare yoga insieme, per interagire e collaborare, invogliando le persone a tornare in ufficio” ha detto Marco Leone, senior advisor Nomisma.  La seconda e grande iniziativa rappresentata da questo progetto e più generale da un trend è quella di un ufficio sostenibile, da un punto di vista ambientale, ma anche sociale. “Questo serve per risparmiare denaro e per trasmettere dei valori, una brand identity, una sensibilità ai temi di sostenibilità che oggi le persone vanno a ricercare”.

L’ufficio ideale

Qual è il rapporto oggi fra lavoratori e ufficio? Che sentimenti suscita lo spazio professionale? Oggi soltanto il 37% dei lavoratori si sente ispirato e solo il 17% prova felicità, mentre il 30% dei rispondenti ha dichiarato di provare ansia e il 38% noia. 
“Negli ultimi 12 mesi, i fattori che hanno determinato uno stato d’animo negativo al lavoro sono dipesi dalla ricerca di maggiori soddisfazioni economiche (45%), da una diminuzione della concentrazione dovuta ad ambienti poco favorevoli per lavorare (24% che sale al 41% per coloro che si recano in ufficio con uno stato di ansia), dalla ricerca di incarichi più mirati e soddisfacenti (26%) e di nuove opportunità di carriera (24%)” osserva Roberta Gabrielli, Senior Project Manager Nomisma.. Di contro, gli elementi in grado di determinare un approccio positivo al lavoro sono stati la flessibilità lavorativa (25%, che sale al 32% per coloro che si recano in ufficio provando sensazioni di felicità), il work-life balance (24%), la coerenza nell’etica e nei valori aziendali (12%) e una completa attenzione al benessere della persona (8%).

Organizzazione in funzione delle esigenze personali

Per i lavoratori, pertanto, l’ufficio ideale del futuro dovrebbe permettere di organizzare il lavoro anche in funzione delle esigenze personali per l’88%, favorire la “contaminazione” positiva (81%) e la condivisione con i cittadini di spazi comuni per attività di wellness e welfare (70%). In conclusione, a guidare la scelta della sede aziendale ideale per i lavoratori sono sia elementi hard – come la vicinanza alla metropolitana, la struttura dell’edificio, l’organizzazione della luce, del verde e degli spazi, e la sua collocazione all’interno della città – che aspetti soft, che impattano sulla crescita professionale della persona e sull’organizzazione del suo lavoro in azienda.

Come creare abiti personalizzati per il tuo bambino

Se non ci hai ancora pensato, ci sono diverse opportunità per creare abiti personalizzati per il tuo bambino, anche se non hai esperienza in fatto di sartoria.

Essere in grado di creare autonomamente gli abiti per i tuoi bambini infatti, significa riuscire a risparmiare considerevolmente ed al tempo stesso avere la certezza circa la qualità dei tessuti e la loro durata nel tempo.

Scegli il tessuto

Dato che il tessuto è una delle cose più importanti nella creazione di un abito o capo d’abbigliamento, è importante che tu scelga con cura quello giusto.

Scegli tessuti morbidi e confortevoli per la pelle delicata dei tuoi bambini, ma soprattutto quelli che per loro sono più comodi da indossare. Inoltre, assicurati che sia un tessuto resistente ai lavaggi e dunque che non si sciupi dopo qualche utilizzo.

Molto importante è inoltre la scelta del colore: puoi coinvolgere i tuoi bambini in questo e chiedere loro quale colore preferiscono.

Disegna il modello dell’abito

Una volta scelto il tessuto, è il momento di disegnare il modello dell’abito o capi d’abbigliamento. Puoi disegnare a mano o utilizzare un software di progettazione.

Assicurati di prendere correttamente le misure del tuo bambino per essere sicuri che l’abito gli calzi perfettamente.

Taglia e cuci

Una volta che hai pronto il tuo modello, è il momento di iniziare con la fase “taglia e cuci”. Ci sono tantissimi moduli che possono essere seguiti passo passo per la creazione di magliette, camicie, pantaloni e qualsiasi altro capo d’abbigliamento tu voglia realizzare.

Considera che procederai molto più speditamente nel lavoro se adopererai una macchina da cucire di quelle moderne e facili da usare anche per i principianti.

Come già saprai infatti, oggi esistono tanti modelli di macchine da cucire che possono rendere il processo di creazione di abiti personalizzati per i tuoi bambini ancora più facile e divertente.

Le macchine da cucire moderne sono dotate di funzioni particolari come il controllo della velocità, la regolazione della lunghezza del punto e la possibilità di cucire tessuti sia spessi che leggeri.

Inoltre, esse presentano una serie di accessori come piedini per la cucitura di cerniere, bottoni e altri dettagli. Questi accessori ti daranno la possibilità di creare capi personalizzati con maggiore precisione e facilità, a prescindere dal fatto che tu abbia esperienza o meno.

Tra l’altro queste funzioni ti permettono di creare modelli più belli ed elaborati, per un risultato finale certamente sorprendente.

Aggiungi i dettagli

Una volta che il tuo capo d’abbigliamento è cucito, sarà è il momento di aggiungere i dettagli che lo renderanno unico e particolare. Ad esempio, puoi aggiungere bottoni, nastri o paillettes a piacimento.

Non ci sono limiti alla creatività, ed in questo puoi coinvolgere anche i tuoi bambini chiedendo loro quale accessorio o dettaglio preferiscano venga inserito nel loro capo di abbigliamento.

Supervisione finale

Infine, una volta che l’abito o capo d’abbigliamento sarà completo, potrai effettuare una supervisione finale per assicurarti che non ci siano imperfezioni.

Stiralo e controlla che non ci siano fili sporgenti o piccole correzioni da fare. Assicurati che sia perfetto per il tuo bambino e faglielo provare per vedere se è anche comodo da indossare.

Conclusione

Creare un abito personalizzato per il tuo bambino può essere un’esperienza divertente e gratificante, in quanto ti permette di creare qualcosa di unico e speciale per il tuo bambino.

Inoltre, ti dà la possibilità di esprimere la tua creatività ed al tempo stesso anche di risparmiare denaro, il che è un vantaggio da considerare.

Detto questo, siamo sicuri che i tuoi bambini adoreranno indossare i capi che hai creato per loro con amore!

Gli italiani invecchiano, e le aziende pure: perchè serve il ricambio generazionale?

Il futuro è… grigio. E mai come in questo caso la definizione è conforme alla realtà. In base agli ultimi dati raccolti ed elaborati da Unioncamere e da Infocamere, entro il 2050 in Italia ci saranno più pensionati che lavoratori. Tra l’altro, i continui aumenti dell’età pensionabile non faranno altro che ridurre la produttività dell’Italia, scatenando la tempesta perfetta.

Aziende sempre più senior

La fotografia scattata da Unioncamere e infocamere è di dieci anni, dal 2012 al 2022. Rivela in particolare che i giovani under 30 con cariche di governance nelle aziende si sono ridotti di 130 mila unità mentre gli over 70 sono cresciuti di 280 mila.Nell’ultimo decennio, i titolari di impresa tra i 18-29 anni sono calati del 22,9% e come fa notare lo studio, questi numeri si spiegano con “l’effetto statistico della demografia negativa in una misura che può essere stimata al 20%, le coorti si riducono, le persone passano nelle classi di età superiori e non vengono rimpiazzate da nuovi ingressi”. Il tessuto imprenditoriale italiano, vera e propria colonna portante del sistema economico, si sta lentamente estinguendo in assenza di nuove risorse umane.

Il boom della fascia over 50

Se ci spostiamo sulla fascia over 50, c’è stato invece un vero e proprio boom: dal 2012 al 2022, quasi tutte le cariche (titolare, amministratore, dirigente tecnico) crescono tra il 15 e il 25%. In termini assoluti ci sono in più 188 mila titolari di impresa, 365 mila amministratori e 65 mila dirigenti tecnici, guidati da over 50.
Alla luce di questi numeri, è evidente come l’effetto demografico stia portando le imprese italiane verso un’obsolescenza umana ma anche e soprattutto di competenze.
Il re-skilling e l’age management in azienda non viene affrontato seriamente pur in presenza di organici non più giovani. Come rilevato da una ricerca condotta da Fondazione Sodalitas, AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) e Università Cattolica del Sacro Cuore, 1 azienda su 4 si occupa di age management in modo sistematico. Solo il 14% delle imprese implementa percorsi di mobilità interna o di sviluppo di carriera per i propri dipendenti senior.

Serve un serio piano di rinnovamento delle risorse umane

L’invecchiamento del personale finora è stato affrontato soltanto sul fronte dei benefit e delle politiche di welfare aziendale, ma senza approfondire invece l’aggiornamento delle skills, il ricambio e l’integrazione generazionale. In uno scenario economico sempre più tecnologicamente complesso, riferisce Adnkronos, l’Italia sta soffrendo non tanto per un ridotto numero di imprese quanto per imprese dove manca un serio rinnovamento delle risorse umane. La combinazione di questo quadro con l’alto debito pubblico rappresentano la tempesta perfetta in un Paese dove l’assenza di capitale umano qualificato va ad aggiungersi ad un sistema imprenditoriale che si va di anno in anno impoverendo di nuove energie.

Inflazione: pane, pasta, verdura e carne al top dei prodotti più “salati”

Quali sono i prodotti alimentari che in Italia nel 2022 hanno visto un maggiore aumento dei prezzi? Se a causa dell’inflazione l’anno scorso una famiglia ha speso in media 513 euro in più rispetto al 2021, a vincere la classifica dei rincari sono pane, pasta, farina e riso, con una spesa aggiuntiva di 100 euro rispetto al 2021, e a fronte di un’inflazione media del 10,9%. A elaborare i dati Istat è l’Unione Nazionale Consumatori, che rileva come siano pane fresco e confezionato e pasta fresca, secca e i preparati di pasta, a svuotare le tasche degli italiani: una ‘mazzata’ rispettivamente di 29 e 24 euro. 
Al secondo posto si piazzano i vegetali, che con un’inflazione del +11,8%, costano mediamente 92 euro in più a famiglia, e al terzo le carni, con una stangata di 87 euro (+7,2%). Il pollame, in particolare, segna un +13,4% per 31 euro in più di spesa.

Aumentano latte, frutta, olio, zucchero 

Appena giù dal podio, latte, formaggi e uova (+9,5%, 69 euro), poi pesci e prodotti ittici (+7,7%, 40 euro), al sesto posto la frutta (+7,1%, 36 euro), a cui seguono oli e grassi (+18%, 31 euro), con l’olio diverso da quello di oliva che spicca il volo con un +51,6% rispetto al 2021, pari a 13 euro. All’ottavo posto acque minerali e bevande analcoliche (+8,7%, +23 euro) e al nono zucchero, confetture e miele (+7,3%, +16 euro). Chiudono la top ten gli ‘Altri prodotti alimentari’, come salse, piatti pronti, alimenti per bimbi, integratori alimentari e caffè, tè e cacao, entrambi con un incremento di spesa pari a 9 euro rispetto al 2021 e un’inflazione, rispettivamente, del 6,5% e del 5,2%.

La top ten dei rincari alimentari 

In termini di inflazione per la top ten 2022 dei prodotti alimentari e le bevande analcoliche vince l’olio diverso da quello di oliva (+51,6%), medaglia d’argento al burro, con un +28,2%, e sul gradino più basso del podio, lo zucchero (+19%). In quarta posizione la farina (+18,5%), poi il riso (+17,9%), la margarina (+17,8%). In settima posizione la pasta (+17,3%), seguita dal latte conservato (+16,5%), e i vegetali freschi (+14,3%). Chiude la top degli aumenti dei prezzi il pollame, con un +13,4%.

Energia elettrica, voli internazionali, gas di città sul podio dei beni più cari

Per la top ten 2022 dei prodotti non alimentari, riporta Adnkronos, al 1° posto si posiziona l’energia elettrica, con un ‘astronomico’ +110,4%. Al 2° posto i voli internazionali, che nel 2022 volano dell’85,9% rispetto all’anno precedente. Medaglia di bronzo per il gas di città, con un +73,7%, e appena sotto il podio, al 4° posto, il gasolio per riscaldamento (+38,4%), seguito da Gpl e metano (+33,3%) e gasolio per mezzi di trasporto (+22,1%).

Car sharing: nell’era post-covid fatica a riprendersi 

Rispetto al 2020, nel 2021 il car sharing in Italia è in leggera ripresa, ma ancora lontano dai livelli del 2019. Secondo l’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, il car sharing free-floating e lo station-based risultano in difficoltà, anche se i numeri fanno intuire un cambiamento nella modalità d’uso.
Il numero di noleggi free-floanting (privo di stalli di ritiro e riconsegna), è inferiore del 52% rispetto al 2019, e dell’8,6% rispetto al 2020. A questo, però, occorre affiancare il dato dei chilometri percorsi e quello della durata media per noleggio. I primi sono aumentati dell’8,8% rispetto al 2020, mentre la percorrenza media è aumentata del 33,7% (da 7,4 km a 9,9 km).
La durata media per noleggio, invece, è aumentata del 34% rispetto al 2019, da 32,6 a 43,7 minuti.

Monopattino e bici sono più adatti alle nuove esigenze degli utenti

I due dati portano a dedurre che il car sharing sta cambiando pelle per rispondere a esigenze diverse rispetto a quelle del passato. Non è un caso, infatti, che anche la tipologia dei veicoli si orienti vero auto a quattro porte e con la possibilità di assolvere a più funzioni. Se poi si comparano i dati relativi al car sharing con quelli della forte ascesa della micromobilità, è probabile che in passato il car sharing assolvesse a funzioni che non gli erano proprie, e che ora sono ben soddisfatte da mezzi come il monopattino e la bici, ritenuti dagli utenti più adatti alle proprie esigenze.

Flotta free-floating -10%

Il tasso di rotazione del free-floating in Italia mostra un dato medio del 2,9, con un interessante picco a Torino, che potrebbe far presuppore la possibilità di ingresso per nuovi operatori. Di pari passo con la contrazione dei noleggi (8%) anche la flotta di veicoli destinati al car sharing free-floating è diminuita del 10%, tornando a valori inferiori a quelli del 2016. Va ricordato che la diminuzione della flotta non dipende solo da un minor numero di noleggi, ma anche dalla difficoltà per alcuni operatori di approvvigionamento auto in fase di rinnovo della flotta. Una nota positiva riguarda le immatricolazioni dei veicoli elettrici, ripartiti con un gande sprint: +200% rispetto al 2020.

Station-based: noleggi in ripresa rispetto al 2020

Il numero di noleggi del car sharing station-based (ritiro e riconsegna in appositi stalli), è a -19% rispetto al 2019, ma in ripresa del 22,2% rispetto al 2020. 
Si tratta di volumi inferiori rispetto al free-floating, di cui lo station-based sta diventando un servizio complementare. I chilometri percorsi sono aumentati del 13,6% rispetto al 2020, la percorrenza media è diminuita del 7,3% (da 25,8 km a 23,9 km), e la durata media per noleggio è diminuita del 10% rispetto al 2020. Le immatricolazioni sono -5% rispetto al 2020, invertendo per la prima volta la tendenza alla crescita ininterrotta dal 2015. Le immatricolazioni dei veicoli elettrici, invece, sono a +17%, toccando il record del 45% del totale dei veicoli presenti nelle flotte station-based.

Facebook Dating: con i video selfie impedisce l’accesso agli under 18

Meta sta introducendo due novità per impedre l’accesso a Facebook Dating, l’app di incontri del social netwok, da parte degli utenti minorenni.  Al momento operative solo negli Stati Uniti, le novità consistono in due strumenti: il caricamento del documentario di identità e i video selfie.
La seconda opzione dal mese di giugno è stata già testata su Instagram, ma Meta la vuole rendere disponibile anche in Italia e negli altri Paesi in cui è attiva Facebook Dating.
“Abbiamo in programma di portare la nostra tecnologia di rilevamento dell’età e gli strumenti di verifica negli altri Paesi in cui è disponibile Facebook Dating, e su più servizi che richiedono la maggiore età per accedere”, ha affermato la società.

Meta ha collaborato con Yoti per la funzione di video selfie

Per la funzione di video selfie Meta ha collaborato con Yoti, la società specializzata in strumenti di verifica dell’età, che con la sua tecnologia e i suoi algoritmi di Intelligenza Artificiale stimerà l’età degli utenti in base ai tratti distintivi del volto. Il video selfie verrà condiviso con Facebook e verrà poi eliminato. In ogni caso, Meta precisa che la tecnologia di Yoti è capace di individuare l’età, e non l’identità dell’utente.
Secondo Meta tramite la verifica di Yoti sono stati scoperti il 96% degli adolescenti che hanno tentato di mascherare la propria età reale. L’81% dei profili a cui è stato chiesto di verificare l’età ha infatti scelto il video selfie piuttosto che l’invio del documento.

Verificare l’età attraverso il documento d’identità

Si può anche scegliere di caricare un modulo di identificazione per verificare l’età. “Dopo aver caricato una copia del tuo ID, questo verrà crittografato e archiviato in modo sicuro e non sarà visibile sul tuo profilo Facebook o ad altre persone sull’app. Una volta verificata la tua età, puoi gestire per quanto tempo il tuo ID viene salvato – spiega Meta -. Richiediamo che le persone abbiano almeno 18 anni per iscriversi e accedere a Facebook Dating, e gli strumenti di verifica dell’età aiuteranno a verificare che solo gli adulti stiano utilizzando il servizio, e contribuiranno a impedire ai minori di accedervi”, chiarisce la società.

“I nostri strumenti stanno funzionando”

“Fornire alle persone più di un’opzione per verificare la loro età consente loro di selezionare un metodo che meglio si adatta alle loro esigenze e preferenze. Ad esempio, molte persone non hanno sempre accesso ai moduli di identificazione che rendono chiara la verifica dell’età – aggiunge Meta -. I nostri test di verifica dell’età mostrano che i nostri strumenti stanno funzionando per aiutare a mantenere le persone all’interno di esperienze adeguate alla loro età”.

Cybersecurity e robot: quali sono i timori dei dipendenti italiani?

Uno studio di Kaspersky sulle conseguenze dell’automazione e dell’aumento dell’uso dei robot in ambito industriale mostra il crescente livello di robotizzazione nelle aziende, ma ne evidenzia il maggior numero di rischi per la cybersicurezza. Oggi la robotica viene utilizzata per gestire sistemi di controllo industriale, processi produttivi e altre tecnologie informatiche. Sostituendo il lavoro manuale, migliora efficienza, velocità, qualità e prestazioni. L’81% dei dipendenti in Italia ritiene quindi che i robot debbano essere più utilizzati in diversi settori, il 51% dichiara che le loro aziende li utilizzano già e il 21% prevede di utilizzarli nel prossimo futuro. Ma il 75% teme che possano essere hackerati. 

Vantaggi e benefici della robotizzazione

Gli intervistati ritengono che i robot possano aiutare le industrie ad aumentare i benefici economici e a salvare le persone da mansioni pericolose. Questo punto di vista è condiviso da quasi due terzi dei dipendenti italiani: il 41% ritiene che l’uso dei robot possa accelerare e aumentare l’efficienza dei processi produttivi e ridurre i costi, e il 54% che in futuro la robotizzazione possa sgravare le persone da mansioni faticose o pericolose, riducendo i rischi per la vita e la salute. Questo, a sua volta, aiuterà i dipendenti a evitare mansioni di routine e logoranti, e a mantenere incarichi più interessanti e meglio retribuiti (29%). Per il 28%, inoltre, uno dei compiti principali che i robot possono svolgere con successo è quello di creare un ambiente sicuro e ridurre la probabilità di incidenti dovuti a errori umani.

I rischi per la sicurezza informatica

Ma a causa della robotizzazione possono aumentare i rischi di cybersecurity. La maggior parte degli intervistati in Italia (75%) ritiene che i robot possano essere violati, e il 46% è a conoscenza del verificarsi di incidenti di questo tipo nella propria azienda o in altre imprese locali. Gli intervistati sono invece divisi nella valutazione di quanto i robot siano protetti. Il 32% dei dipendenti ritiene che non siano state adottate misure di cybersecurity sufficienti a proteggere i robot nei diversi settori, mentre il 44% ritiene che siano state adottate misure di protezione sufficienti.
“I sistemi cyber-fisici utilizzano sempre più spesso i robot industriali per aumentare l’efficienza produttiva. Tuttavia, nuove tecnologie come queste comportano nuovi rischi informatici perché sono potenzialmente vulnerabili alle minacce informatiche”, commenta Andrey Strelkov, Head of Industrial Cybersecurity Product Line di Kaspersky.

Strumenti per la protezione della robotica

“Prima di integrare i robot nella produzione è necessario garantire la sicurezza della rete e la solidità dalle intrusioni – aggiunge Andrey Strelkov -. Non tutte le tecnologie moderne sono state progettate tenendo conto della sicurezza, quindi solo un sistema di protezione di defense-in-depth industrial network e piattaforme di monitoraggio multifunzionali garantiscono l’operatività ininterrotta dell’azienda. Soluzioni dedicate come Kaspersky Industrial Cybersecurity possono essere un efficiente strumento di protezione della robotica in produzione”.

Italiani dormiglioni? Sì, e svegliarsi è un’impresa 

Difficile alzarsi dal letto appena suona la sveglia, almeno per un terzo degli italiani. Insomma, siamo un popolo di dormiglioni, che appena può si concede qualche minuto di sonno in più. In particolare, il suono della sveglia può risultare davvero traumatico, tanto che numerose persone mettono in atto una serie di strategie ad hoc. Lo rivela Emma – The Sleep Company che, attraverso un’indagine, ha esplorato il rapporto degli abitanti del Bel Paese con il trillo del mattino. Aprire gli occhi la mattina non è sempre facile, basti pensare che per quasi 1 italiano su 5 (17%) è necessario che suonino più sveglie o che ci sia qualcuno che fisicamente vada a chiamarlo in camera. Non solo, neanche smettere di crogiolarsi sotto le coperte è semplice, basti pensare che per 1 su 10 (10%) trascorrono ben 30 minuti dal suono della sveglia al momento effettivo di alzarsi dal letto.

Meglio non posticipare troppo

Posticipare la sveglia è una tattica di molti abitanti dello Stivale; infatti, più di un terzo di loro (36%) lo fa quotidianamente, il 16% solo in settimana e il 15% durante i weekend. Tra chi la mattina si concede qualche secondo di sonno in più con il pulsante “snooze”, più della metà (52%) si limita a rimandare la sveglia una volta, ma non manca chi lo schiaccia almeno un paio di volte (19%) o chi posticipa oltre le tre volte (22%). Occhio a questa abitudine: secondo Theresa Schnorbach, psicologa specializzata in terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia e Sleep Scientist, consulente di Emma – The Sleep Company, non è consigliabile posticipare la sveglia più volte. Sarebbe invece meglio avere il device posizionato in un luogo non raggiungibile dal letto, per costringere i più dormiglioni ad alzarsi quanto prima.”Far trascorrere poco tempo dal suono della sveglia all’alzarsi effettivamente dal letto è una scelta soggettiva e personale” spiega l’esperta. “Se si è in grado di adempiere ai propri impegni e appuntamenti indugiando qualche minuto in più a letto, questo non è un problema serio. Diversamente, trascorrere più tempo del previsto a letto porta a una diminuzione del valore del riposo, in quanto l’idea di letto dovrebbe essere sempre concettualmente associata all’azione del dormire”. Inoltre, continuare a rimandare la sveglia potrebbe suggerire anche la necessità di rivedere la propria routine di riposo ed essere un segno di un sonno poco ristoratore, perché non si è dormito a sufficienza o per via di un riposo notturno disturbato.

Dormire nel weekend, non solo benefici

Per molte persone, il fine settimana rappresenta una piacevole opportunità e una felice ricompensa per recuperare il “debito” di sonno accumulato nella settimana tra impegni lavorativi, sociali e familiari. Nel Bel Paese sono più di 2 persone su 5 (46%) a dichiarare di non puntare la sveglia nel weekend concedendosi un paio di giorni senza il trillo che caratterizza invece le loro giornate lavorative. In base ad alcuni studi, se dormire fino a tardi nel fine settimana può aiutare a compensare un numero minore di ore di sonno settimanali, esiste anche un possibile impatto negativo. Nello specifico, “Quando la propria agenda sociale è in conflitto con il ritmo naturale del sonno, si crea il cosiddetto ‘jet lag’ sociale. Tanto più questo è maggiore e più sono le probabilità di riscontrare tassi elevati di obesità, infiammazione, fumo e consumo di alcol. Inoltre, una routine di sonno yo-yo, ovvero non regolare e con discrepanze tra orari di sveglia infrasettimanale e nel weekend, può cambiare il ritmo circadiano, rendendo più difficile l’addormentamento della domenica sera. Infine, anche se si dorme più a lungo nei fine settimana, non è comunque possibile recuperare l’intera quantità di sonno perso nei giorni feriali. Vale sempre la pena dare la priorità al sonno durante la settimana per quanto possibile”, spiega l’esperta.

Gli attacchi DDoS nel terzo trimestre 2022

Un attacco DDoS è progettato per impedire a un sito web di funzionare normalmente o per bloccarlo. Durante un attacco, che di solito prende di mira PA, società finanziarie o di vendita al dettaglio, media o altre organizzazioni, la vittima perde i clienti a causa dell’indisponibilità del suo sito web. E di conseguenza, ne risente anche la sua reputazione.
Nel terzo trimestre 2022 gli attacchi DDoS (Distributed Denial of Service) sono aumentati significativamente. Il numero dei cosiddetti smart attack è raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e la percentuale di attacchi DDoS sofisticati è diventata ancora più significativa. Se nei primi due trimestri il numero di attacchi da parte degli hacktivist è cresciuto notevolmente, la loro attività diminuisce drasticamente nel terzo. Si tratta di alcuni risultati del report trimestrale pubblicato da Kaspersky.

Raddoppia il numero di attacchi smart

Secondo Kaspersky, si tratta di un quadro standard: a un’estate relativamente calma segue una forte impennata dell’attività DDoS. Inoltre, rispetto al terzo trimestre 2021, il numero complessivo di attacchi è aumentato del 47,87%, mentre il numero di attacchi smart, ovvero sofisticati ed eseguiti in modo professionale, è raddoppiato. Ciò che rende il terzo trimestre più significativo è il continuo calo degli attacchi non professionali. Sebbene durante la prima metà del 2022 gli hacktivist siano stati piuttosto attivi nei tentativi DDoS, nel terzo trimestre si sono orientati verso altre attività malevole, e il numero di attacchi DDoS di hacktivist tende allo zero. Nel frattempo, il numero di attacchi professionali di alta qualità è rimasto a un livello elevato.

In media gli attacchi sono durati circa otto ore

Anche gli obiettivi non sono cambiati, rivolgendosi principalmente ai settori finanziario e governativo. Entrambi questi elementi rafforzano l’idea che dalla primavera fino almeno alla fine di settembre i professionisti lavoravano su commissione contro questi settori. In termini di durata degli attacchi, non ci sono stati nuovi record. Se il secondo trimestre è stato caratterizzato dall’attacco più lungo mai osservato, il terzo trimestre è stato più tranquillo. In media, gli attacchi sono durati circa otto ore, mentre il più lungo è stato di poco meno di quattro giorni. Rispetto al quarter precedente, questo dato sembra piuttosto modesto, ma le cifre sono comunque elevate.

Un numero insolitamente alto di attacchi da parte di attivisti dilettanti

“Dalla fine di febbraio abbiamo osservato e contrastato un numero insolitamente alto di attacchi da parte di attivisti dilettanti – commenta Alexander Gutnikov, Security Expert di Kaspersky, come riporta Adnkronos-. Tuttavia, il numero di questo tipo di attacchi è diminuito gradualmente, e alla fine del terzo trimestre è tornato a livelli normali. Durante questo periodo, abbiamo osservato molti attacchi sofisticati che miravano a raggiungere obiettivi chiaramente definiti: ad esempio, tagliare fuori i media o persino sospendere le operazioni generali delle organizzazioni governative”.

Over 40: come cambiare lavoro senza problemi?

Crisi di mezza età? Più che altro si tratta di decisioni maturate a seguito di un’attenta riflessione, accompagnate dal desiderio di rimettersi in gioco. Sono tante infatti le persone che arrivano alla soglia dei 40 anni, e la superano, e scelgono di dare una svolta alla propria vita e alla propria carriera. Secondo gli esperti di Jobiri, il career advisor digitale che utilizza l’Intelligenza Artificiale per supportare i professionisti, la cosa importante è non lasciarsi influenzare dagli stereotipi, come il falso mito secondo cui passati i 40 anni le aziende non assumono più. In realtà non è così: il mercato del lavoro è ricco di opportunità anche per gli over 40. Quello che serve è la capacità e la prontezza di coglierle al volo.

Acquisire un nuovo know how

Sono diversi i motivi per cui un quarantenne decide di cambiare lavoro, un licenziamento, situazioni conflittuali nell’ambiente professionale, demotivazione, o semplicemente, voglia di affrontare nuove sfide. Una volta appurata la volontà di cambiare lavoro, si pone un’altra questione e cioè se si desidera rimanere nel medesimo settore di mercato o si propenda per un cambiamento radicale. Chiarito anche questo punto, non resta che seguire alcuni semplici consigli. Secondo gli esperti di Jobiri, per cambiare lavoro a 40 anni con successo bisogna innanzitutto investire sulla propria formazione. Che si tratti di rimettersi sui libri o seguire un corso formativo, il know how è importante per qualsiasi professione.

Ottenere il lavoro desiderato senza ansia e stress

Al contempo, è utile aggiornare il proprio CV, anche alla luce di eventuali risultati raggiunti in ambito formativo, come la frequentazione di scuole o corsi specifici, e coltivare costantemente la propria rete di contatti, perché spesso è proprio tramite le relazioni con gli altri che emergono nuove opportunità di lavoro. Iniziare un percorso di Career Coaching, poi, potrebbe aiutare molto per affrontare un cambiamento lavorativo dopo i 40 anni, permettendo di mettere a fuoco le criticità che non consentono di raggiungere gli obiettivi professionali e individuare le tecniche migliori per ottenere il lavoro desiderato senza ansia e stress.

Mantenere un atteggiamento positivo e proattivo

Non bisogna poi dimenticare l’aspetto psicologico. Per cercare lavoro, spiegano gli esperti di Jobiri, bisogna avere sempre un atteggiamento positivo e proattivo, a prescindere dall’età.
Quando poi si tratta di affrontare una sfida come quella di cambiare professione dopo i 40 anni, vedere il bicchiere mezzo pieno e fare affidamento sulle proprie capacità è ancora più importante.