Cybersecurity: stop al data-stealing 

Nel 2023, sono stati compromessi da malware data-stealer circa 10 milioni di dispositivi personali e aziendali, +643% negli ultimi tre anni.
Secondo il Kaspersky Digital Footprint Intelligence, presentato in occasione del ‘Privacy Tour 2024’, i dati sui dispositivi infetti derivano dalle statistiche dei file di log dei malware infostealer attivamente scambiati nei mercati illeciti.

Sebbene il numero di file di log, quindi di infezioni, nel 2023 abbia subito un calo del -9% rispetto al 2022, questo non implica che la richiesta di login e password da parte dei criminali informatici sia diminuita. È, infatti, possibile che alcune credenziali compromesse siano state divulgate nel dark web nel corso del 2024, ed è probabile che il numero effettivo di infezioni sia ancora più alto, circa 16 milioni. 

Per ogni dispositivo infetto 50,9 credenziali rubate

La vendita di credenziali di accesso compromesse rappresenta una parte significativa del mercato del dark web.
In media i criminali informatici rubano 50,9 credenziali di accesso per ogni dispositivo infetto, utilizzandole per attacchi informatici, vendita o distribuzione gratuita sui forum del dark web e i canali shadow di Telegram.

Negli ultimi 5 anni 443.000 siti web in tutto il mondo hanno subito le violazioni delle credenziali.
Per quanto riguarda il numero di account compromessi da infostealer nel 2023, il dominio .com è al primo posto (quasi 326 milioni), mentre in Europa, il dominio .it, associato all’Italia, si classifica al terzo posto (4,2 milioni), dopo Francia (4,5) e Spagna (4,4).

L’accesso ad applicazioni AI

I dati per accedere alle infrastrutture aziendali sono molto diffusi sul dark web: tra gennaio 2022 e novembre 2023 si contano oltre 6.000 messaggi (+16% al mese).
Neanche la crescente diffusione di strumenti basati sull’AI non è passata inosservata ai cyber criminali e il furto di credenziali per i servizi AI è una tendenza in crescita.

Negli ultimi tre anni, sono state compromesse con malware info-stealer 1.160.000 credenziali di accesso all’applicazione Canva, uno strumento di progettazione grafica basato sull’AI.

Nel 2023 il numero di login e password trapelate è aumentato di quasi 33 volte

Anche OpenAI ha visto trapelare le credenziali degli utenti a causa di malware data-stealer. Quasi 668.000 credenziali per i servizi dell’azienda, tra cui ChatGPT, sono state compromesse tra il 2021 e 2023 e trovate su canali nascosti. In particolare, nell’ultimo anno il numero di login e password trapelate è aumentato di quasi 33 volte.

Il mercato del dark web per le credenziali può essere analizzato anche dal punto di vista della domanda di questi account, in particolare esaminando il numero di post in cui i criminali informatici offrono o cercano di acquistare file di log infostealer.
A marzo 2023, dopo il rilascio della quarta versione, la richiesta di account di ChatGPT da parte dei cyber criminali ha, registrato una crescita, stabilizzandosi allo stesso livello di altri servizi di AI.

Risorse idriche a rischio: -18% di acqua nel 2023

Lo segnalano i dati registrati da Ispra: nel 2023 la disponibilità di acqua in Italia si è ridotta del 18% rispetto alla media annua calcolata a partire dal 1951.
Nonostante questo, rispetto al 2022, si evidenzia una ripresa nella disponibilità di risorse idriche nel Paese.

Infatti, se nel 2023 la disponibilità di acqua stimata è stata pari a 112,4 miliardi di metri cubi, l’anno precedente aveva raggiunto un livello molto più contenuto, pari a 67 miliardi, il minimo storico dal 1951, anno in cui sono iniziate le rilevazioni. E che corrisponde, inoltre, a circa la metà della disponibilità annua media del periodo 1951-2023.
In ogni caso, i dati confermano una tendenza negativa in atto da diversi anni.

Poca pioggia o troppa, e la temperatura sale

La riduzione registrata l’anno scorso è principalmente dovuta al deficit di precipitazioni, registrato soprattutto nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre, oltre a un aumento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d’acqua e dal terreno, frutto delle elevate temperature registrate in più occasioni nel corso dell’anno passato.

Al contrario, hanno reso meno evidente il calo dell’acqua disponibile le copiose precipitazioni avvenute a maggio, che hanno portato il livello a 49 miliardi di metri cubi d’acqua complessivi, contro una media del mese di circa 23 miliardi di metri cubi. Quantitativi di pioggia più che doppi rispetto alla media mensile, che però hanno causato danni in diverse regioni, basti ricordare l’alluvione in Emilia-Romagna.

Aumentano le aree soggette a siccità

Una delle tendenze del periodo 1951-2023 è l’aumento delle fasi di siccità estrema e prolungata, oltre alla maggiore percentuale di territorio soggetto a tale condizione.
Con riferimento al 2023 la siccità ha caratterizzato soprattutto i primi 4 mesi in quasi tutto il Paese, per altro proseguendo la lunga fase siccitosa che ha caratterizzato buona parte del 2022.

Nel proseguimento dell’anno scorso le cose sono migliorate in diverse aree, ma con alcune eccezioni. Attualmente, le condizioni di severità idrica riguardano in maniera elevata la Sicilia, con un livello di media gravità la Sardegna, di bassa intensità l’Appennino Centrale e Meridionale, mentre si registra uno stato di normalità per i distretti del Po, delle Alpi e dell’Appennino Settentrionale. 

Fiumi, laghi e corpi idrici sotterranei

Nella valutazione della disponibilità idrica è fondamentale l’analisi dei corpi idrici superficiali, come laghi e fiumi, e dei corpi idrici sotterranei.

Nel complesso le rilevazioni effettuate da Ispra nell’ambito del Piano di Gestione delle Acque del 2023 evidenziano come su un campione pari al 70% del totale dei corpi idrici superficiali e sotterranei, il 14% delle acque superficiali risulta in miglioramento dal punto di vista ecologico, il 60% non subisce alcun deterioramento, il 16% invece peggiora il suo stato ecologico. La previsione per il 2027 vede però in miglioramento le condizioni del 63,5% dei corpi idrici attualmente considerati in stato non buono.

Il consumo dei media digitali da parte dei minori

Uno studio promosso dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy con la collaborazione dell’Alta Scuola in Media, comunicazione e spettacolo dell’Università Cattolica, ha fotografato i comportamenti e ile abitudini di consumo dei media digitali da parte dei minori tra 8 e 16 anni. A quanto emerge dalle interviste, il 94% dei minori tra gli 8 e 16 anni utilizza lo smartphone. Il 68% ne possiede uno personale, il 28% l’ha ricevuto prima dei 10 anni e il 25% dopo gli 11.

E se cresce la consapevolezza di un uso eccessivo dei dispositivi mobili, i giovanissimi trascorrono online da una a tre ore al giorno, e uno su cinque, oltre le quattro ore. Dove? Su social network, messaggistica e piattaforme streaming. Inoltre, quando sono in rete si esprimono attraverso quattro modalità: irrequieti, esploratori, performativi e ripiegati.

L’utenza dei social aumenta con il passaggio a tweens e teens

Sette ragazzi su dieci (50% tra 8 e 10 anni) usano regolarmente i social e le piattaforme streaming, e l’utenza aumenta nel passaggio a tweens e teens. Instagram serve a curiosare e interagire, Tik Tok a lasciarsi andare al flusso, Facebook a leggere i commenti più che a guardare.

In generale le piattaforme streaming (YouTube, Amazon Prime Video e Netflix, ma anche Svod e Avod) vengono utilizzate in famiglia, o da soli, molto meno con gli amici, fuori casa e a scuola.
Tra le piattaforme di messaggistica, Whatsapp è risultato imprescindibile per comunicare, creare community, scambiare materiali. I fruitori regolari sono al 93% 14-15enni, all’89% 11-13enni e al 60% tra 8-10 anni.

Piena fiducia a Whatsapp, non a YouTube

Gli intervistati hanno espresso piena fiducia a Whatsapp, Instagram e Pinterest (e a seguire Telegram, Twitch e Discord), alle piattaforme Netflix e Amazon Prime Video, e in seconda battuta a Rai Play e Disney+, non alla più popolare YouTube.
Per quanto riguarda le forme di limitazione e controllo nell’uso degli smartphone da parte dei genitori, circa 8 su 10 le utilizza sfruttando i limitatori, come parental control offerti da piattaforme e dispositivi.

Più di un terzo dei ragazzi e delle ragazze viene controllato: il 49% dei bambini 8-10enni e il 20% dei 14-15enni. Ma l’eccessivo controllo potrebbe inibire lo sviluppo di competenze e autonomia, rendendo più acritica la navigazione.

Si confermano i rischi della rete: 4 su 10 hanno avuto esperienze negative

Lo studio poi conferma i rischi della rete: 4 su 10 raccontano esperienze negative, e la maggioranza ha visto contenuti inadatti almeno una volta su un social. In particolare, i più piccoli sono incappati in eventi critici su YouTube.
Circa un quarto del campione (17% teens) afferma di non essere mai incorso in esperienze negative sui social, mentre il 42% (53% teens) ne riporta di gravi e ripetute.

I più esposti sono coloro che tendono a condividere contenuti e informazioni personali con sconosciuti, i soggetti più fragili o che esprimono minor benessere, gli utenti regolari dei social network, gli iperconnessi e i gamers intensivi. Ma si evidenzia anche una lieve prevalenza territoriale che penalizza i residenti nelle grandi città e nel Sud Italia, più inclini all’uso precoce di smartphone e social.

Smart City in Italia: l’82% dei Comuni ha avviato progetti “intelligenti”

A trainare il cambiamento verso città sempre più smart, sostenibili e inclusive è la digitalizzazione. La trasformazione delle città in Smart City è un processo che sta avvenendo da diversi anni, e l’Italia da tempo sta lavorando in questa dorezione. Anche grazie ai fondi del PNRR per le città intelligenti l’82% dei Comuni italiani ha avviato progetti che puntano a digitalizzazione, sostenibilità e inclusione all’interno delle città.

Usufruire di servizi digitalizzati, e dunque più veloci, contribuisce a migliorare la qualità della vita. E abitare in città automatizzate, con attenzione al trasporto sostenibile e all’autonomia energetica, renderà i cittadini più consapevoli e pronti alle sfide del futuro.
Del resto, l’attenzione alle Smart City emerge anche dalle opinioni dei cittadini italiani. 

Il boom tecnologico investirà soprattutto i servizi anagrafici, tributari e la mobilità

Come spiegano i dati dell’Università Niccolò Cusano sulle Smart City il 68% della popolazione si aspetta un boom tecnologico da parte del comune di residenza, e ne percepisce i vantaggi. Soprattutto nei servizi anagrafici, tributari e di mobilità.

Iniziano inoltre a comparire le prime classifiche delle città più intelligenti del paese. Per stilare la graduatoria delle città più smart d’Italia l’Università Niccolò Cusano ha preso in considerazione 30 indicatori suddivisi in 6 macro categorie, smart governance, environment, economy, mobility, living, people. 
I dati sono estrapolati da strumenti territoriali che riportano i livelli di utilizzo dei servizi, la presenza di rilevatori digitali, il tasso di occupazione. I comuni analizzati sono 7,901.

Milano, Roma, Torino, Genova le città metropolitane più intelligenti

Al primo posto della classifica delle città metropolitane più intelligenti si posiziona Milano, seguita da Roma, Torino e Genova.
Al 5° e al 6° posto si trovano le due metropoli del sud Italia, Palermo e Napoli.

Quanto alle città capoluogo di provincia più smart, la classifica delle più intelligenti è guidata principalmente da città del Nord, e al primo posto si trova sempre Milano.
Un risultato che non sorprende, visto che si tratta di una capitale economica importante per il paese. Seguno Trento e Bolzano a completare le prime tre posizioni, mentre Roma è solo ottava.

Chiude la classifica delle prime 10 Bergamo, che continua a recuperare posizioni e per alcuni parametri risulta ai primi posti delle classifiche.
Ma a investire nelle città digitali non sono solo i grandi comuni, e a guidare la classifica dei comuni smart per numero totale è la Lombardia.

Assago conquista il podio dei piccoli centri urbani

Assago, un paese di meno di 10mila abitanti, ha raggiunto il punteggio di 97,2/100, secondo solo a Milano. Un risultato che premia l’impegno dei cittadini, riporta Adnkronos, ed è un ottimo catalizzatore per altre iniziative.
Al Centro Italia il primo posto è occupato da Sesto Fiorentino, al Sud, Sestu, in provincia di Cagliari.

I primi 3 piccoli micro comuni smart, con meno di 2mila abitanti, sono Rhêmes-Notre-Dame, in Valle d’Aosta al Nord, Lunano nelle Marche al Centro, e Ancarano, in provincia di Teramo, al Sud.

Casa di proprietà fa ancora rima con stabilità?

Gli italiani continuano a considerare la proprietà della casa in cui vivono un fattore di sicurezza e stabilità (83,2%), oltre a espressione di identità e personalità (78,4%) e investimento sicuro (69,1%). Metà dei proprietari, poi, non venderà mai la propria abitazione per poterla tramandare in eredità a figli o nipoti.
Ma se possedere una casa è ancora un pilastro della stabilità individuale e della coesione sociale, l’accesso alla proprietà è diventato più difficile.

Il 59,8% dei non proprietari afferma che il rialzo dei tassi di interesse ha reso più oneroso e complicato acquistare un’abitazione, mentre per il 35,9% dei proprietari con un mutuo il pagamento delle rate è più difficoltoso. Soprattutto al Centro (41,4%) e al Sud (37,2%).
È quanto emerge dal 2° Rapporto Federproprietà-Censis, ‘La casa nonostante tutto’.

Una gestione sempre più onerosa

La gestione della casa si fa nel complesso più gravosa, e la sua proprietà rischia di trasformarsi da fattore di tutela in fattore critico.
Per il 75,5% degli italiani le spese relative alla casa pesano molto sul budget familiare (80% famiglie con redditi bassi e 57,6% più abbienti).

Nonostante il raffreddamento dei prezzi nel corso dell’anno, il comparto casa (abitazione, acqua, elettricità, gas) ha registrato le variazioni più elevate nel primo (+24,7%) e nel secondo trimestre 2023 (+14,0%), molto superiori al tasso di inflazione medio (+9,0% primo e +7,5% secondo trimestre).
Solo nel terzo trimestre il taglio ai costi di energia elettrica e gas ha riportato i costi della casa a un +4,2%.

Classe energetica requisito fondamentale per l’acquisto

Tra i requisiti fondamentali per l’acquisto di una casa il 64,6% degli italiani include la classe energetica.
Riguardo la direttiva europea Casa green per l’efficientamento energetico delle abitazioni, il 73,3% degli italiani ne è a conoscenza.

Per il 51,1% è un atto positivo e il 40,1% lo apprezza, ma il 22,0% teme che possa tradursi in un ulteriore aggravio dei costi di gestione degli immobili, il 16,3% prevede che gli interventi non saranno economicamente sostenibili e il 10,7% è preoccupato per un eventuale crollo dei prezzi delle case.
È opinione unanime (90,2%) che gli interventi dei proprietari debbano essere accompagnati da aiuti economici dello Stato nella forma di detrazioni, incentivi, altre misure di sostegno.

Viva il social housing per i senior! 

Se la proprietà della casa è tra le aspirazioni top, c’è anche attenzione per soluzioni abitative nuove, come il social housing in locazione: Una soluzione temporanea, nell’attesa di poter acquistare una casa di proprietà (24,6%), un servizio abitativo attraverso il quale poter reperire un alloggio temporaneo (22,2%), e un’alternativa all’acquisto di una casa di proprietà (28,1%).

Molto più alto il consenso per il senior housing come soluzione abitativa riservata alle persone anziane.
Al 78,9% degli italiani piace, perché permette di affrontare la vecchiaia con serenità vivendo in un ambiente protetto (76,1%) e offre la possibilità di un accesso agevolato a servizi sanitari e socio-assistenziali (20,7%).

X pubblica fake news sulla guerra?

X, precedentemente noto come Twitter, continua a far parlare di sé: il social media di Elon Musk permetterebbe infatti la pubblicazione di notizie fuorviati sul conflitto israelo-palestinese.

Un’indagine condotta da NewsGuard, l’organizzazione dedicata al monitoraggio della disinformazione, ha sollevato preoccupazioni riguardo alla diffusione di informazioni errate. Secondo il rapporto di NewsGuard, riferisce Adnkronos, alcuni utenti ‘premium’ di X, quelli cioè che pagano un abbonamento al social e hanno il badge blu, hanno pubblicato contenuti che promuovono teorie cospirazioniste riguardanti la guerra di Israele ad Hamas.
Questi post, seguiti da NewsGuard dal 13 al 22 novembre, hanno totalizzato oltre 92 milioni di visualizzazioni.

Post pubblicati con l’intento di promuovere l’odio

Le indagini di NewsGuard si sono concentrate su 10 account con oltre 100.000 follower ciascuno, identificati come i maggiori diffusori di fake news sulla guerra.
Veena McCoole, vicepresidente delle comunicazioni dell’organizzazione, ha espresso preoccupazione per il fatto che questi post sono pubblicati con l’intento di promuovere informazioni fuorvianti o discorsi d’odio, e che tali contenuti possano essere eleggibili per un programma di condivisione delle entrate pubblicitarie di X.

Il rapporto ha anche evidenziato la presenza di pubblicità di aziende come Pizza Hut sotto questi post controversi. E ciò solleva interrogativi su come X gestisca la pubblicità in relazione a contenuti potenzialmente nocivi.

Regole per gli utenti ambigue o contraddittorie

La situazione è inoltre aggravata da recenti azioni legali intentate da X contro Media Matters, dopo un rapporto che mostrava contenuti pubblicitari di grandi aziende associati a messaggi pro-nazisti.
Interrogativi simili sono emersi riguardo alla politica di X sulla condivisione delle entrate.

Elon Musk aveva precedentemente dichiarato che i post corretti attraverso lo strumento di moderazione crowd-sourced Community Notes non sarebbero stati idonei per la condivisione delle entrate. Tuttavia, il rapporto di NewsGuard mostra che questa politica potrebbe non essere applicata in modo coerente.

Emerge l’importanza di una governance trasparente e responsabile

Ma il rapporto di NewsGuard mette in luce anche la complessità e l’ambiguità dell’Accordo Utente X, che a volte sembra riferirsi a un singolo documento, mentre altre volte a un insieme di regole distribuite su diverse pagine. Questo rende difficile per gli utenti comprendere pienamente quali comportamenti siano in violazione delle norme della piattaforma.

Le rivelazioni di NewsGuard appaiono particolarmente rilevanti in un contesto in cui la disinformazione online può avere impatti reali e gravi sulla società. Il ‘caso X’ mostra l’importanza di una governance trasparente e responsabile delle piattaforme di social media, soprattutto quando si tratta di gestire contenuti potenzialmente dannosi e le loro implicazioni economiche.

Aziende, quali sono le doti che dovrebbe avere il leader ideale?

Una recente ricerca condotta da Lhh, società facente parte del Gruppo Adecco, ha svelato quali sono le competenze chiave necessarie per i leader del futuro. E ha analizzato tali skills dal punto di vista sia dei dipendenti sia dei dirigenti.
Mentre il 23% dei colletti bianchi colloca l’empatia e l’ascolto al vertice delle qualità di un leader, la visione strategica emerge come prioritaria per la maggioranza dei dirigenti d’azienda, in particolare nelle grandi imprese, raggiungendo il 25% delle risposte, sebbene la gestione dei team risulti essere la competenza più citata.

I requisiti cambiano in base alla fascia di età 

Un’analisi più approfondita delle risposte dei leader delle piccole e medie imprese rivela che questi attribuiscono più importanza a empatia e ascolto, indicati come tratti principali dal quasi 20% dei rispondenti.
Tale tendenza si conferma anche osservando i risultati suddivisi per età, con i giovani della generazione Z che considerano l’empatia come la caratteristica principale (1 su 4), mentre per i millenials è più importante la capacità di dare l’esempio e guidare (22%).
In generale, ascolto ed empatia sono le skills più indicate da parte di tutte le generazioni di rispondenti. 

Che capo vogliono i manager e i dipendenti?

In base alla posizione in azienda – manager o dipendenti – cambia l’ordine delle competenze considerate prioritarie. Ad esempio, la visione strategica è ritenuta più importante dai dirigenti (20%) rispetto ai dipendenti (8%), mentre la capacità di valutazione e di fornire feedback è considerata fondamentale dall’8% dei manager e solo dal 4% dei lavoratori.
L’inclusione è un tema centrale per quasi il 4% dei lavoratori (5% per la Generazione Z), ma per i dirigenti raggiunge solo il 2%.
Sorprendentemente, la capacità di innovare è considerata più importante per i lavoratori rispetto ai dirigenti, i quali sono più concentrati sull’orientamento al business e sui risultati economici.

Le cinque competenze più importanti

Le cinque competenze che un leader dovrebbe avere, secondo i dipendenti, sono: empatia e ascolto (23%), capacità di essere guida (20%), gestione del team (19%), capacità decisionale (13%) e visione strategica (8%).
D’altro canto, secondo i dirigenti, le cinque competenze più rilevanti sono: visione strategica (20%), empatia e ascolto (19%), gestione del team (18%), capacità di fare da guida (16%) e capacità decisionale (11%).
Solo poco più dell’1% dei lavoratori ritiene che il leader del futuro debba essere forte, mentre meno del 4% menziona l’autorevolezza. Maggiore attenzione è dedicata alla capacità di motivare (14%), coinvolgere (quasi 10%) e comunicare (9%).

Tutti concordi nell’affermare che un buon leader fa la differenza

I risultati della ricerca, condotta su un campione di 7.000 lavoratori e oltre 200 dirigenti aziendali, sottolineano l’importanza dei leader nella vita aziendale. Il 97% dei lavoratori ritiene che un buon leader possa influenzare significativamente il benessere sul posto di lavoro, e quasi il 32% delle donne ammette che le caratteristiche negative del leader hanno influenzato la decisione di cambiare azienda.
Circa il 15% dei dipendenti ha attualmente un leader che influisce negativamente sul proprio benessere, ma non può, per ora, cambiare lavoro.

Donne al comando? Più empatiche

Le donne in posizioni di leadership si percepiscono come più empatiche degli uomini (37% contro 27%), ritengono di essere più capaci di prendere decisioni (13,7% contro 5,8% degli uomini), ma meno capaci di gestire il team (8% contro 10%) e di dare feedback (5% delle donne contro 8% degli uomini).

ChatGPT, perchè sono diminuite le visite al sito?

ChatGPT, il noto chatbot sviluppato da OpenAI e lanciato a novembre, ha registrato un calo delle visite mensili al suo sito web per il terzo mese consecutivo. Lo afferma la società di analisi Similarweb, che ha analizzato e poi reso disponibili i dati.  Questa tendenza potrebbe essere invertita nei prossimi mesi grazie al lancio di ChatGPT Enterprise, una versione del servizio dedicata alle aziende e agli utenti professionali.

Calo fisiologico in concomitanza con il periodo di vacanza?

Nel mese di agosto, le visite al sito web di ChatGPT su desktop e dispositivi mobili in tutto il mondo sono diminuite del 3,2%, scendendo a 1,43 miliardi, dopo una diminuzione di circa il 10% nei due mesi precedenti. Anche il tempo medio trascorso dai visitatori sul sito è diminuito costantemente da marzo, passando da una media di 8,7 minuti a 7 minuti ad agosto.

Con l’inizio della scuola, riprenderà a salire

Tuttavia, Similarweb suggerisce che il ritorno a scuola potrebbe portare a un aumento del traffico e dell’utilizzo di ChatGPT. In particolare, negli Stati Uniti, dove gli studenti sono tornati a scuola alla fine di agosto, il numero di accessi al sito di ChatGPT è già in aumento. È da notare che l’introduzione dell’app ChatGPT per iOS e Android da parte di OpenAI ha contribuito a spostare parte del traffico dal sito web al servizio mobile.

Ma c’è anche la concorrenza

Prima del lancio di Threads, l’app di Meta (ex-Facebook) concorrente di Twitter, ChatGPT aveva registrato la crescita più rapida mai vista, ma ora si posiziona tra le 30 app più importanti al mondo in termini di utenti. La concorrenza nel settore degli assistenti virtuali sta crescendo rapidamente: Google ha lanciato Bard, un chatbot sperimentale di supporto alla ricerca web, mentre in Cina Baidu ha introdotto Ernie Bot, una risposta a ChatGPT, cercando di competere con l’IA occidentale sviluppando prodotti interni. In sintesi, ChatGPT sta affrontando una temporanea diminuzione delle visite al sito web, ma con il lancio di nuove iniziative come ChatGPT Enterprise e il ritorno alla normalità legato al ritorno a scuola, c’è la speranza che l’interesse e l’utilizzo del servizio possano riprendere a crescere. Nel contesto della crescente concorrenza nel settore dell’IA, ChatGPT rimane una delle principali soluzioni nel panorama degli assistenti virtuali.

La Gen Z? Vuole uno stile di vita più “autentico”

La società contemporanea viene descritta come sempre più complessa (71%), superficiale (58%) e falsa (45%), un “luogo” dove c’è poco tempo libero da dedicare a se stessi e a ciò che conta veramente (66%), con troppe preoccupazioni e pensieri (49%), e dove si nota una crisi di valori e un senso di confusione (45%). Questa situazione genera diverse sensazioni, tra cui disagio (61%) e paura (50%), ma anche un desiderio di reagire (58%). I giovani non si accontentano più di questa realtà e sembrano aver intrapreso un nuovo stile di vita alla ricerca di ciò che è autentico e vero. Questo emerge da uno studio condotto con la metodologia WOA (Web Opinion Analysis) e realizzato da Grom in occasione del lancio della nuova campagna “Autentico Piacere” .

La nuova tendenza è definita “Authenticity”

La nuova tendenza, definita “Authenticity”, coinvolge le giovani generazioni dei Millennials e Gen Z, che hanno notato un aumento di autenticità intorno a loro stessi (61%). La loro voglia e capacità di gustare ciò che ha un vero valore diventano la spinta per uno stile di vita che va oltre le apparenze. Nell’era delle immagini perfette e filtrate, del multitasking, della corsa alla performance e al possesso, le nuove generazioni stanno abbracciando una tendenza opposta: quella verso l’autenticità. Questo desiderio nasce dalla volontà di vivere esperienze e relazioni che diano un senso più profondo alla propria esistenza, spiega lo psicologo, psicoterapeuta e imprenditore Luca Mazzucchelli, commentando il trend e l’indagine di Grom.

Concentrarsi su ciò che è essenziale

Gli individui autentici sono convinti della necessità di ritrovare la semplicità e l’autenticità nelle cose che fanno (62%) e di concentrarsi solo su ciò che è essenziale per la propria vita (65%). Credono che questo approccio migliori la qualità del vivere (75%), portando più serenità e benessere. Il loro sogno non è più legato a luoghi esclusivi e fughe irrealizzabili, ma a momenti, posti e piaceri semplici, autentici e genuini. La maggioranza vive le azioni quotidiane come veri e propri momenti di autenticità, come giocare con i bambini (66%), passeggiare in città con gli amici (61%) e stare a contatto con la natura (52%). Anche nell’alimentazione, l’autenticità è importante, come consumare un pasto a tavola con parenti e amici (72%) o gustare un gelato (57%), soprattutto se il gusto è fedele alle aspettative.
Se vivono l’autenticità e il piacere nel proprio tempo libero, soprattutto nei momenti conviviali (68%), in un ambiente familiare o con amici (59%), al lavoro sentono una maggiore fatica, specialmente nelle interazioni con gli altri, che percepiscono come autentiche solo durante le pause (35%).

Essere, non avere

L’indagine mostra una nuova direzione: un ritorno all’essenziale. Per i giovani, l’autenticità significa dare più importanza all'”essere” che all'”avere” (65%), vivere solo esperienze che meritano di essere vissute (58%) e ricercare la semplicità nelle cose (51%). Secondo lo psicoterapeuta Mazzucchelli, l’autenticità è uno degli ingredienti chiave del benessere personale. Il “vero sé” rappresenta l’essenza autentica di una persona, al di là delle maschere e delle sovrastrutture, mentre il “falso sé” è una versione alterata e adattata di sé stessi, spesso influenzata dalle aspettative degli altri o dai condizionamenti sociali. La discrepanza tra ciò che si è davvero e ciò che siamo portati a essere può provocare sensazioni di insoddisfazione, disagio e disconnessione. La tendenza delle nuove generazioni a liberarsi dalle aspettative sociali per esprimere pienamente sé stesse e la ricerca della semplicità come veicolo per concentrarsi solo su ciò che è veramente importante, possono essere considerati segni di crescita psicologica. I momenti semplici, dunque, sembrano essere la migliore lente attraverso cui guardare e godersi i piaceri del mondo.  

Su Google Play nuove app fraudolente promettono guadagni facili

Applicazioni fraudolente su Google Play che sfruttano argomenti di attualità, come l’Intelligenza artificiale, i chatbot, le criptovalute e i legami con il magnate della tecnologia Elon Musk, per rubare denaro e dati personali attraverso false app e siti web di phishing.
È quanto hanno scoperto gli esperti di Kaspersky: si tratta di frodi che approfittano del desiderio degli utenti di ‘fare soldi’ facilmente. Una volta ottenute le informazioni, i criminali telefonano alla vittima e la convincono a investire denaro, promettendo guadagni particolarmente elevati
Insomma, i truffatori cercano costantemente soluzioni innovative per portare a termine le frodi. Si adattano velocemente alle tendenze sociali, e attirano gli utenti con offerte irresistibili.

Profitti quotidiani fino a 9.000 dollari

Le app analizzate da Kaspersky propongono guadagni strepitosi, promettendo profitti quotidiani fino a 9.000 dollari con un investimento iniziale di soli 250 dollari. Inoltre, le app sostengono che gli utenti non hanno bisogno di alcuna competenza tecnica e garantiscono un’esperienza sicura.
Tuttavia, quando le vittime installano e poi lanciano l’app, sono obbligati a inserire informazioni personali, come nome, numero di telefono ed email. Una volta inviati i propri dati, appare un messaggio in cui si comunica che la registrazione è avvenuta con successo e che riceveranno la chiamata da parte di un broker per ulteriori informazioni.

Pagine di phishing con strutture e tecniche simili alle app false

In questo scenario fraudolento, la vittima riceve una chiamata dal truffatore che dà informazioni dettagliate sul sistema di investimento. Per iniziare a guadagnare, è necessario trasferire il denaro nel portafoglio del truffatore In questo modo la vittima perde i propri soldi e non ricava alcun profitto. Inoltre, i dati ottenuti con questi attacchi possono arrivare sui forum utilizzati per scopi illeciti.
Ma oltre alle applicazioni fasulle, i ricercatori di Kaspersky hanno identificato anche pagine di phishing che utilizzano strutture e tecniche simili. Ed è molto probabile che questi attacchi di phishing siano organizzati dallo stesso responsabile della diffusione delle app false.

I cybercriminali sfruttano le ultime tendenze e le nuove tecnologie

Tutto questo indica che i truffatori stanno diversificando i propri metodi per ottenere profitti e stanno cercando di colpire quante più vittime possibili.
Il team di Kaspersky ha quindi contattato Google per avvisare delle app fraudolente presenti nello store Google Play.
“I truffatori continuano a perfezionare le proprie tattiche per sfruttare le ultime tendenze e le nuove tecnologie – dichiara Igor Golovin, Security Expert di Kaspersky -. Da app fasulle a pagine di phishing, ricorrono a esche allettanti e design ingannevoli per colpire gli utenti. Diversificando i metodi di attacco, questi cybercriminali mirano a raggiungere il massimo delle proprie potenziali vittime. È necessario che gli utenti siano attenti, cauti e consapevoli delle minacce presenti nel panorama digitale”.