Rc auto: nel 2024 rincari in arrivo per oltre 765.000 automobilisti 

Secondo i dati dell’Osservatorio di Facile.it a dicembre 2023 per assicurare un veicolo a quattro ruote in Italia occorrevano, in media, 618,55 euro, vale a dire il 35% in più rispetto a dodici mesi prima.

Brutte notizie quindi per agli oltre 765.000 automobilisti italiani che a causa di un sinistro con colpa dichiarato nel 2023 quest’anno vedranno peggiorare la propria classe di merito, con relativo aumento del costo dell’Rc.
“L’inflazione, che nel nostro Paese rimane ancora su livelli elevati, gioca un ruolo chiave sia sul costo di riparazione delle auto sia sul costo medio dei sinistri, fattori che inevitabilmente pesano sull’aumento delle tariffe”, spiega Andrea Ghizzoni, Managing Director Insurance di Facile.it.
Insomma, le tariffe Rc auto continuano a crescere, con effetti negativi anche sugli automobilisti virtuosi.

Il 2,33% nel 2023 ha dichiarato un sinistro con colpa

Dall’analisi del comparatore, realizzata su un campione di oltre 800.000 preventivi raccolti su Facile.it tra novembre e dicembre 2023, emerge però che la quota di guidatori colpiti dai rincari a causa di un sinistro con colpa rispetto allo scorso anno è in calo del 7%.
E se a livello nazionale la percentuale di automobilisti che nel 2023 hanno dichiarato un sinistro con colpa è pari al 2,33%, guardando al campione su base regionale emergono differenze significative.

Biella è la provincia meno virtuosa

Scorrendo la graduatoria delle aree in cui si è registrato percentualmente il maggior numero di denunce di incidenti con colpa, al primo posto si posiziona la Toscana, dove il 3,02% degli automobilisti vedrà quest’anno aumentare il premio dell’Rc auto.

Seguono i guidatori di Liguria (2,89%) e Sardegna (2,76%). Le percentuali più basse, invece, sono state rilevate in Trentino-Alto Adige (1,57%), Basilicata (1,78%) e Friuli-Venezia Giulia (1,82%).
Se si limita l’analisi alle province italiane, Biella (4,28%) è quella con la maggiore percentuale di sinistri con colpa denunciati, davanti a Massa-Carrara (4,27%) e Cagliari (3,58%). Belluno e Vibo Valentia quelle invece con meno ricorsi alle assicurazioni (entrambe 1,15%), seguite da Pordenone (1,36%).

Occhio agli agenti di commercio al volante!

Fra gli uomini la percentuale di chi ha dichiarato un sinistro con colpa è pari al 2,16%, valore più basso rispetto a quello rilevato tra le donne (2,62%).
Quanto al profilo anagrafico, gli automobilisti appartenenti alla fascia 35-44 anni e 19-21 anni sono quelli che hanno denunciato il minor numero di incidenti con colpa. Tra loro, la percentuale di chi vedrà peggiorare la propria classe di merito è pari rispettivamente solo all’1,98 e all’1,99%.

I 25-34enni sono invece il 2,15%, e gli over 65 hanno registrato la percentuale più alta (2,80%).
Gli agenti di commercio sono poi risultati coloro che in percentuale hanno dichiarato con più frequenza un sinistro con colpa (3,55%), e che quindi vedranno aumentare il premio Rc auto. Seguono i pensionati (2,83%) e i liberi professionisti (2,66%).

Caro vita, così gli italiani vanno a caccia di offerte e promozioni

Il costo della vita continua ad aumentare di mese in mese, influenzando inevitabilmente le scelte degli italiani in fatto di spesa. Cosa accade? Succede che i nostro connazionali rivedono le loro abitudini in fatto di consumi e a cercano sconti e promozioni per proteggere il loro potere d’acquisto.
Questa tendenza emerge chiaramente dai dati raccolti dall’Osservatorio Shopping di DoveConviene, un’app che semplifica lo shopping e aiuta le persone a risparmiare tempo e denaro. 

La ricerca di promozioni segna un +13%

Nel corso del 2023, le ricerche di promozioni da parte dei consumatori sono aumentate del 13% rispetto all’anno precedente, confermando un movimento in crescita costante. Questo comportamento è “esploso” a partire dal 2020, e nel 2022 aveva già registrato un aumento del 24% nelle ricerche di sconti e promozioni rispetto al 2021.
Tra le categorie che hanno registrato la crescita maggiore, ci sono i prodotti per la cura della casa e della persona, che sono aumentati del 33% rispetto al 2022. Ma sono gettonatissimi anche gli articoli per animali domestici, con un incremento del 44%. Si tratta del chiaro segnale, da parte dei proprietari di pets, di trovare soluzioni economiche per prendersi cura dei loro amici a quattro zampe, senza però comprometterne la salute e la qualità della vita.

Richiestissimi gli sconti per gli alimentari

In questo contesto, non sorprende che i prodotti alimentari e le bevande continuino a essere molto richiesti, registrando un aumento del 29% nelle ricerche nel 2023. Acqua, birra e latte sono ancora una volta tra i prodotti in offerta più cercati dagli italiani. Tuttavia, si nota un notevole aumento nelle ricerche di olio extravergine di oliva (+230%), zucchero (+221%), legumi (+98%) e caffè (+72%).

Convenienza e sostenibilità 

In un contesto economico segnato dall’inflazione e dalla pressione sui consumi, la protezione del potere d’acquisto è diventata una priorità per i consumatori. Sempre più persone stanno rivedendo le loro abitudini di consumo e stanno cercando sconti e offerte.
L’aumento delle ricerche di promozioni, iniziato nel 2020, dimostra quanto queste siano diventate fondamentali nella lotta contro l’aumento dei prezzi. Inoltre, si osserva una maggiore attenzione da parte dei consumatori alla sostenibilità e alle politiche di contrasto agli sprechi alimentari, promosse da molte catene di distribuzione.

Pianificare per risparmiare

Marco Durante, Global VP Sales e Marketing Italia di ShopFully, ha commentato questa tendenza sottolineando l’importanza della pianificazione degli acquisti mirati, anziché dell’accumulo di prodotti in offerta. Questo cambiamento nelle abitudini di consumo è influenzato anche dalla crescente sensibilità dei consumatori alla sostenibilità e alla lotta agli sprechi alimentari.
La ricerca online è diventata un passo essenziale nel processo di acquisto, consentendo ai consumatori di trovare le migliori offerte e fare scelte oculate.

Inflazione: pane, pasta, verdura e carne al top dei prodotti più “salati”

Quali sono i prodotti alimentari che in Italia nel 2022 hanno visto un maggiore aumento dei prezzi? Se a causa dell’inflazione l’anno scorso una famiglia ha speso in media 513 euro in più rispetto al 2021, a vincere la classifica dei rincari sono pane, pasta, farina e riso, con una spesa aggiuntiva di 100 euro rispetto al 2021, e a fronte di un’inflazione media del 10,9%. A elaborare i dati Istat è l’Unione Nazionale Consumatori, che rileva come siano pane fresco e confezionato e pasta fresca, secca e i preparati di pasta, a svuotare le tasche degli italiani: una ‘mazzata’ rispettivamente di 29 e 24 euro. 
Al secondo posto si piazzano i vegetali, che con un’inflazione del +11,8%, costano mediamente 92 euro in più a famiglia, e al terzo le carni, con una stangata di 87 euro (+7,2%). Il pollame, in particolare, segna un +13,4% per 31 euro in più di spesa.

Aumentano latte, frutta, olio, zucchero 

Appena giù dal podio, latte, formaggi e uova (+9,5%, 69 euro), poi pesci e prodotti ittici (+7,7%, 40 euro), al sesto posto la frutta (+7,1%, 36 euro), a cui seguono oli e grassi (+18%, 31 euro), con l’olio diverso da quello di oliva che spicca il volo con un +51,6% rispetto al 2021, pari a 13 euro. All’ottavo posto acque minerali e bevande analcoliche (+8,7%, +23 euro) e al nono zucchero, confetture e miele (+7,3%, +16 euro). Chiudono la top ten gli ‘Altri prodotti alimentari’, come salse, piatti pronti, alimenti per bimbi, integratori alimentari e caffè, tè e cacao, entrambi con un incremento di spesa pari a 9 euro rispetto al 2021 e un’inflazione, rispettivamente, del 6,5% e del 5,2%.

La top ten dei rincari alimentari 

In termini di inflazione per la top ten 2022 dei prodotti alimentari e le bevande analcoliche vince l’olio diverso da quello di oliva (+51,6%), medaglia d’argento al burro, con un +28,2%, e sul gradino più basso del podio, lo zucchero (+19%). In quarta posizione la farina (+18,5%), poi il riso (+17,9%), la margarina (+17,8%). In settima posizione la pasta (+17,3%), seguita dal latte conservato (+16,5%), e i vegetali freschi (+14,3%). Chiude la top degli aumenti dei prezzi il pollame, con un +13,4%.

Energia elettrica, voli internazionali, gas di città sul podio dei beni più cari

Per la top ten 2022 dei prodotti non alimentari, riporta Adnkronos, al 1° posto si posiziona l’energia elettrica, con un ‘astronomico’ +110,4%. Al 2° posto i voli internazionali, che nel 2022 volano dell’85,9% rispetto all’anno precedente. Medaglia di bronzo per il gas di città, con un +73,7%, e appena sotto il podio, al 4° posto, il gasolio per riscaldamento (+38,4%), seguito da Gpl e metano (+33,3%) e gasolio per mezzi di trasporto (+22,1%).

I prezzi aumentano, ma con la sicurezza alimentare non si scherza

Il monito arriva dalla Coldiretti, a seguito del rapporto che evidenzia quanto peseranno sui bilanci delle famiglie italiane – circa 9 miliardi di euro – gli aumenti della spesa alimentare. Rincari dovuti sostanzialmente alla crisi in Ucraina e all’aumento dell’inflazione, a cui poi si è aggiunta pure la siccità. Per far fronte alla carenza di diverse materie prime, il nostro paese deve acquistare prodotti agroalimentari dell’estero, dal grano per il pane al mais per l’alimentazione degli animali. Le importazioni sono cresciute in valore di quasi un terzo (+29%), aprendo la strada al rischio di un pericoloso abbassamento degli standard di qualità e di sicurezza alimentare, secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi ai primi cinque mesi dell’anno. La situazione è pesante soprattutto sul fronte dei cereali a causa – spiega Coldiretti – dei contraccolpi della crisi globale scatenate dal conflitto in Ucraina con le importazioni di mais che sono aumentate in valore addirittura del 66%, spinte dai rincari e dalle speculazioni, e quelle di grano tenero per il pane sono cresciute della stessa percentuale – sottolinea Coldiretti -, mentre per l’olio di girasole si arriva al +83%. Ma crescono anche le importazioni di olio di palma (+35%), favorite dal fatto che in Italia viene ora consentito di non indicare nelle etichette degli alimenti la provenienza degli olii di semi indicati, mettendo a rischio la trasparenza dell’informazione ai consumatori.

Sei volte più pericolosi di quelli Made in Italy

Il problema è che i cibi e le bevande stranieri sono sei volte più pericolosi di quelli Made in Italy con il numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari che è stato pari al 5,6% rispetto alla media Ue dell’1,3% e ad appena lo 0,9% dell’Italia, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Efsa. Deve dunque preoccupare il rischioso tentativo di strumentalizzare gli effetti della guerra per ridurre le garanzie qualitative e di sicurezza degli alimenti ma anche la trasparenza dell’informazione ai consumatori, con la richiesta di deroghe alla legislazione vigente, dall’innalzamento dei limiti massimi ai residui chimici presenti negli alimenti introdotta in Spagna per alcuni principi attivi alla richiesta di utilizzo degli ogm non autorizzati, fino alla possibilità di utilizzare olio di palma in sostituzione di quello di girasole senza indicarlo esplicitamente in etichetta, concessa con una circolare dal Ministero dello Sviluppo economico in Italia.

Stesso standard per tutti i prodotti

“In un momento delicato per il Paese, tra guerra, siccità e incertezza politica, l’Italia non può accettare passi indietro sulla sicurezza alimentare che mettono a rischio la salute dei consumatori ma anche la competitività del Made in Italy” ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorre assicurare che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Ma bisogna anche fermare ogni tentativo di banalizzazione ed omologazione del modello agricolo italiano ed europeo, dicendo quindi “No” ai finanziamenti alla produzione di carne in laboratorio o all’introduzione di etichette a semaforo quali il Nutriscore”.

Il mercato italiano del pet ha il segno “+”

A detenere saldamente il ruolo di protagonista nel mercato italiano dei piccoli animali è sempre l’alimentazione di gatti e cani, nonché la componente più rilevante del pet food italiano. È questo uno dei dati emersi dal Rapporto Assalco-Zoomark 2022 sull’andamento del mercato del pet in Italia. Giunto alla quindicesima edizione, il Rapporto fotografa l’evoluzione del mercato dell’alimentazione e della cura degli animali da compagnia in Italia. E ne conferma una crescita inarrestabile.
Nel periodo 2007-2021 il mercato italiano dei prodotti per l’alimentazione di cani e gatti ha infatti più che raddoppiato il fatturato, passando da 1.163 a 2.533 milioni di euro, con un tasso di crescita medio annuo delle vendite a valore del +5,7%.

Adozioni e famiglie acquirenti

Secondo i dati IRI, rispetto al 2020, l’incremento del fatturato complessivo è pari al 7,1% e quello dei volumi al 5%. L’accelerazione che questa crescita ha subìto negli ultimi due anni è riconducibile anche al maggior numero di adozioni di cani e gatti, coincisa con la fine del primo lockdown del 2020. L’aumento del numero di proprietari si è tradotto in una crescita consistente delle famiglie acquirenti di alimenti per cani e gatti, che hanno raggiunto quota 12,2 milioni. Circa 1 milione in più rispetto all’anno precedente, per lo più costituite da giovani e di condizione socio-economica medio-alta.
La penetrazione di queste famiglie ha raggiunto il 46,9% del totale delle famiglie italiane, +3,4% rispetto allo scorso anno.

I canali di distribuzione

Rispetto a 15 anni fa, il mercato del pet food vede profondamente mutato il peso del canale specializzato e del Grocery: il primo ha avuto un tasso di sviluppo in valore medio annuo pari a +8,3%, ovvero il doppio del secondo (+4%).
Tra i canali emergenti, il Rapporto segnala il Petshop GDO e il canale online, che ha raggiunto un peso sul totale del mercato pari al 2,4%. Sviluppato durante l’emergenza sanitaria, l’online ha attirato e fidelizzato nuovi shopper, abbattendo molte barriere culturali e conoscitive, che fino a un paio di anni fa sembrava potessero frenarlo.

Più attenzione al benessere e più igiene e accessori

La crescita del pet food è sostenuta soprattutto dallo sviluppo dei prodotti premium e superpremium, che sono sinonimo di innovazione e di una sempre maggiore attenzione al benessere dei pet. Quello dei prodotti per l’igiene, i giochi e gli accessori è infatti un mercato estremamente vitale, che ottiene ottime performance nel canale GDO, per un +5,8% rispetto al periodo precedente. Il segmento più dinamico si conferma quello delle lettiere, con una crescita del 5% nell’anno terminato a dicembre 2021.

Calano le spedizioni globali di smartphone: -12,9% in un anno 

La conferma attiva dal rapporto di Omdia 1Q22: nel primo trimestre del 2022 le spedizioni di smartphone sono diminuite globalmente del 12,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il rapporto ha anche rivelato che nei primi tre mesi del 2021 le spedizioni di smartphone hanno registrato 308,0 milioni di unità, ma il trend di crescita negativo è seguito anche negli ultimi tre trimestri consecutivi. Nel primo trimestre del 2022, la diffusione del Covid-19 in Cina ha avuto infatti un impatto negativo sulla domanda di smartphone. Questo perché il governo cinese ha bloccato le principali città, e ciò ha comportato una forte diminuzione delle spedizioni da parte delle aziende cinesi, che dipendono fortemente dalla domanda interna.

Il rallentamento del mercato interno cinese

In pratica, le spedizioni da parte dei produttori cinesi sono diminuite drasticamente a causa del rallentamento del mercato interno cinese. Ulteriori approfondimenti dal rapporto hanno mostrato che Samsung ha spedito un totale di 73,8 milioni di smartphone. Si tratta di una diminuzione del 2,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma di un aumento del 6,8% rispetto al trimestre precedente. Apple invece ha spedito un totale di 56,4 milioni di unità, e il volume delle spedizioni è aumentato del 2,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Honor e Realme gli unici produttori ad aumentare i volumi spediti

Quanto agli altri maggiori produttori di smartphone, Xiaomi ha spedito 42,4 milioni di unità nel primo trimestre 2022, 7,1 milioni in meno rispetto ai 49,5 milioni di unità dello scorso anno. Oppo e Vivo, che dipendono fortemente dal mercato interno cinese, hanno spedito rispettivamente 25,3 milioni e 24,1 milioni di smartphone, un calo del 33,1% e del 36,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, Honor ha spedito 15,2 milioni di unità nel primo trimestre, con un aumento del 322,2% e dell’1,3% rispetto all’anno precedente e al trimestre precedente, e Realme ha spedito 14,6 milioni di unità, con un aumento del 17,7% su base annua.

Anche la crisi ucraina ha un impatto negativo sulla domanda

Il blocco delle principali città cinesi, riporta Italpress, sta continuando anche nel secondo trimestre del 2022, e l’invasione russa dell’Ucraina dovrebbe avere un impatto negativo sulla domanda di smartphone, in quanto colpisce direttamente o indirettamente non solo questi due paesi, ma anche altre regioni. Si teme quindi che questi fattori nel prossimo futuro influenzeranno negativamente la domanda complessiva, che avrebbe dovuto riprendersi con l’attenuarsi delle misure per il contenimento del Covid-19.

Vino: i giovani cercano qualità, non eccessi

Un prodotto strategico per l’economia italiana, con un sensibile incremento di consumatori tra i giovani, che scelgono di bere in maniera responsabile e vedono nell’italianità il principale criterio di scelta. È il vino, che dal 1993 al 2020 ha visto crescere la quota di giovani che lo consuma, passati dal 48,7% al 53,2%. Al contempo, i giovani che bevono più di mezzo litro al giorno è scesa dal 3,9% a meno dell’1%: infatti, tra i giovani che consumano vino il 70,9% lo fa raramente, il 10,4% uno o due bicchieri al giorno e il 17,3% solo stagionalmente. Secondo lo studio dal titolo Responsabile e di qualità: il rapporto dei giovani col vino di Enpaia-Censis, i numeri dicono che il consumo di vino è una invariante delle abitudini, componente significativa della buona dieta guidata dalla ricerca della qualità e dal suo ruolo di moltiplicatore della buona relazionalità.

Meglio meno, ma buono

Il 79,9% dei giovani tra 18 e 34 anni afferma che nel rapporto con il vino vale la logica meglio meno, ma di qualità, e il 70,4% dichiara: “Mi piace bere vino, ma senza eccessi”.
Insomma, il vino richiama l’idea di un alimento che dà piacere e contribuisce al benessere soggettivo, non di un catalizzatore di sregolatezza. L’italianità come criterio di scelta è invece segnalata dal 79,3% dei giovani, perché percepita come garanzia di qualità. Il riferimento alle certificazioni Dop (85,9%) o Igp (85,2%) mostra poi come i giovani siano attenti al legame tra vini e territorio. Un segnale della riscoperta nella cultura del consumo giovanile della tipicità locale.

Tipicità, una bussola nelle scelte di consumo

La tipicità, proiezione anche della biodiversità del nostro territorio, è infatti una bussola nelle scelte dei giovani consumatori: il 94,9% dichiara di acquistare spesso prodotti tipici dei territori del nostro Paese. Il marchio del prodotto, invece, conta per il 36,1% dei giovani, mentre è alta la valutazione che viene data della tracciabilità dei prodotti, vino incluso. Il 92% dei giovani è pronto a pagare qualche euro in più sul prezzo base per i prodotti di cui riescono a conoscere biografia e connotati. Il 56,8%, poi, è ben orientato verso vini biologici e apprezza aziende agricole attente alla sostenibilità ambientale, riferisce Italpress.

Al centro dei momenti significativi di convivialità

“Quello vitivinicolo è un settore di assoluto prestigio, molto valorizzato soprattutto dai giovani, che nelle loro scelte di consumo mostrano particolare considerazione verso il vino biologico e di qualità – commenta Giorgio Piazza, presidente della Fondazione Enpaia -. I giovani bevono vino in maniera moderata e responsabile, aprendosi così alla convivialità e alla socialità”.
Non è n caso che il vino sia al centro di momenti significativi di convivialità anche negli esercizi pubblici, “di cui gli italiani hanno avuto nostalgia nell’emergenza sanitaria – aggiunge Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis -. Un rapporto maturo e responsabile col vino, quindi, è parte integrante del nostro stile di vita, tanto apprezzato nel mondo”.

Come si elimina il calcare dall’acqua del rubinetto?

Quello del calcare nell’acqua di rubinetto è un problema che riguarda tantissime persone. Ci sono in particolare alcune zone d’Italia maggiormente interessate da questo problema, dato che buona parte del sottosuolo italiano vanta la presenza di roccia calcarea.

Bisogna sapere in proposito che il calcare presente nell’acqua di rubinetto altro non è che è un’elevata quantità di carbonato di magnesio, calcio e manganese.

È facile riscontrarne la presenza in quanto l’acqua eccessivamente ricca di calcare appare come leggermente torbida e soprattutto lascia un residuo biancastro su superfici quali lavelli, piatti doccia e pavimenti.

Per comprendere quanto sia dura l’acqua cui abbiamo accesso dal rubinetto di casa è sufficiente fare questo tipo di paragone: bisogna far bollire un litro d’acqua di rubinetto in un pentolino, farla evaporare del tutto e vedere quale residuo rimane nel pentolino alla fine.

Alla stessa maniera bisogna successivamente prendere un litro d’ acqua minerale del supermercato e farla bollire completamente. A questo punto si può fare un paragone tra i due mucchetti di sali minerali che saranno rimasti sul fondo dei due pentolini. Certamente l’acqua più è dura maggiore sarà il suo residuo solido rimasto dopo la completa evaporazione dell’acqua.

Il calcare fa male alla salute?

Una delle domande più ricorrenti quando si scopre che l’acqua cui si ha accesso dal rubinetto di casa è troppo ricca di calcare è se questo faccia male alla salute.

Di norma gli elementi sopra citati, dunque il calcio ed il magnesio, non sono pericolosi per la salute. Dunque il calcare che di norma è possibile trovare nell’acqua di rubinetto non ha conseguenze negative per la nostra salute.

Chiaramente nel caso in cui vi siano delle esigenze particolari di salute, come ad esempio eventuali necessità legate ai calcoli renali, è preferibile bere un’acqua meno dura e dunque più leggera.

Acqua più “leggera” significa un’acqua che ha una quantità di sali minerali molto più bassa rispetto quella che presenta un acqua particolarmente ricca di calcare.

In che modo è possibile eliminare il calcare dall’acqua?

Ci sono alcuni dispositivi che riescono brillantemente ad eliminare il calcare dall’acqua e renderla decisamente più sicura, perfettamente potabile e gli conferiscono un miglior sapore. Questi dispositivi sono i depuratori d’acqua.

Puoi scegliere il miglior depuratore acqua in base alle caratteristiche dell’acqua che arriva fino in casa tua. Vi sono ad esempio i depuratori ad osmosi inversa che sfruttano una particolare membrana che blocca sostanze quali calcio, magnesio e piombo, tra le altre.

Gli addolcitori invece vanno a rimuovere calcio e magnesio sostituendolo con del sale.

Ci sono poi i depuratori con scambio ionico e degli appositi filtri per la rimozione del calcare; questi ultimi sfruttano filtri al carbone attivo prodotti per rimuovere ferro e manganese e addolcire l’acqua. Dunque tutto dipende dal tipo di acqua che arriva fino in casa tua.

Quali sono i vantaggi di un depuratore d’acqua?

Tra i principali vantaggi del adottare un depuratore d’acqua vi sono:

  • La certezza di bere un acqua perfettamente idonea al consumo alimentare
  • Bere un acqua che ha un miglior sapore
  • Risparmiare notevolmente rispetto l’acqua minerale del supermercato
  • Evitare la formazione del calcare negli elettrodomestici di casa
  • Evitare che il calcare possa rovinare lavelli, lavandini e piatti doccia

Conclusione

Dunque i motivi per i quali fai bene a fare installare un depuratore d’acqua domestico sono veramente tanti. Alcuni di questi sono legati alla tua salute, altri alla salvaguardia degli elettrodomestici e complementi d’arredo di casa.

In ultima analisi, grazie ad un depuratore d’acqua domestico avrai un notevole risparmio sull’approvvigionamento amento idrico e contribuirai a salvaguardare l’ambiente.

Prezzi al consumo: a ottobre 2021 aumento del + 3,0%

A ottobre 2021 l’Istat stima un aumento dello 0,7% rispetto a settembre, e del 3,0% su base annua (a settembre era +2,5%) dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) al lordo dei tabacchi. La stima preliminare era del +2,9%. Anche nel mese di ottobre l’ulteriore accelerazione su base tendenziale dell’inflazione è in larga parte dovuta ai prezzi dei beni energetici, passati da +20,2% di settembre a +24,9%. Sia a quelli della componente regolamentata (da +34,3% a +42,3%) sia ai prezzi di quella non regolamentata (da +13,3% a +15,0%). Accelerano rispetto al mese di settembre, ma in misura minore, anche i prezzi dei servizi relativi ai trasporti (da +2,0% a +2,4%). L’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, sale da +1,0% a +1,1%, mentre quella al netto dei soli beni energetici rimane stabile a +1,1%.

I prezzi dei beni energetici regolamentati crescono del +17,0%

L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto prevalentemente alla crescita dei prezzi dei beni energetici regolamentati (+17,0%) e solo in misura minore a quella dei prezzi degli energetici non regolamentati (+1,0%) e degli alimentari non lavorati (+0,7%). Diminuiscono, invece, per ragioni ascrivibili per lo più a fattori stagionali, i prezzi dei servizi relativi ai trasporti (-0,7%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-0,3%).

L’inflazione acquisita per il 2021 è del +1,8% per l’indice generale 

Su base annua accelerano i prezzi dei beni (da +3,6% a +4,2%), mentre la crescita di quelli dei servizi è stabile (+1,3%). Il differenziale inflazionistico tra questi ultimi e i prezzi dei beni rimane negativo (-2,9 punti percentuali), ampliandosi rispetto a quello registrato a settembre (-2,3). L’inflazione acquisita per il 2021 è pari a +1,8% per l’indice generale, e a +0,8% per la componente di fondo. Accelerano i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +0,9% a +1,0%) e quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +2,6% a +3,1%).

Indice FOI: +0,6% su base mensile e +3,0% su base annua

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) registra un aumento dello 0,9% su base mensile e del 3,2% su base annua (da +2,9% di settembre), mentre la stima preliminare era +3,1%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, registra poi un aumento dello 0,6% su base mensile e del 3,0% su base annua.

L’8,2% degli italiani è vegetariano o vegano

Nel 2021 a scegliere di adottare un’alimentazione vegetariana o vegana è l’8,2% degli italiani. In particolare, il 5,8% è vegetariano e il 2,4% aderisce a uno stile alimentare in linea con i precetti vegani. E ancora, se a scegliere un’alimentazione vegetariana sono in misura maggiore le donne (6,9% contro il 4,7% degli uomini) tra chi sceglie un regime vegano a essere in misura leggermente maggiore sono i maschi: 2,7% contro il 2% delle donne. È quanto rileva il Rapporto Italia 2021 di Eurispes nel capitolo dedicato all’alimentazione.

Una più ampia filosofia di vita

Per il 23,1% di quanti si sono dichiarati vegetariani o vegani questa scelta si inserisce in una più ampia filosofia di vita, che non si esaurisce nell’amore verso gli animali, ma abbraccia una volontà più ampia di prendersi cura del mondo in cui viviamo. Per il 21,3% la decisione si configura come salutista, tendente al benessere dell’essere umano, e per il 20,7% come rispettosa nei confronti degli animali. Le altre motivazioni alla base della pratica vegetariana riguardano la tutela dell’ambiente (11,2%), la voglia di sperimentare nuovi stili alimentari (9,5%) e la convinzione di sacrificare quantità di cibo in favore della qualità, mangiando meno e meglio (5,9%).

Le motivazioni alla base della scelta veg

Gli uomini, in misura maggiore rispetto alle donne, affermano di essere vegetariani/vegani per filosofia di vita e perché fa bene alla salute.

Entrambe le risposte sono state indicate come prescelte da un quarto del campione maschile, contro il 21,5% delle donne, e dal 18,3% delle donne che vedono nei regimi alimentari privi di carni o derivati animali la chiave del benessere. Le donne hanno accordato, invece, maggiori favori alle altre risposte circa la ragione alla base di questa scelta: il 22,6% (contro il 18,4% degli uomini) sceglie la dieta in base al rispetto che nutre per gli animali, l’11,8% (contro il 10,5% degli uomini) lo fa aderendo a ideali vicini alla tutela dell’ambiente, il 6,5% (contro il 5,3% dei maschi) conta di mangiare meno e meglio e il 9,7% (vicino al 9,2% degli uomini) è incuriosito da questa pratica alimentare, vista come nuova frontiera da sperimentare.

La Top 10 dei cibi veg più acquistati

Secondo un’indagine realizzata da Everli nella Top 10 dei cibi vegan più acquistati nei supermercati italiani il tofu si aggiudica il primo posto, seguito da hummus e burger vegetali. All’ultimo posto si posiziona il tempeh, un alimento asiatico che caratterizza questa alimentazione. Inversione di tendenza per i vegetariani dello Stivale, che inseriscono in classifica prevalentemente primi e secondi piatti e considerano i burger vegetali un must have irrinunciabile. Completano il podio le cotolette vegetariane, e i libanesi falafel, mentre la Top 5 si chiude con un primo piatto italianissimo, le lasagne vegetariane al ragù, riferisce Andkronos.