Generazione Z e KIDS: un business da 7 miliardi di euro

Quello che ruota intorno alla GenZ e ai Kids italiani è un mercato che vale oltre sette miliardi di euro.
A tanto ammonta la spesa per i bambini da 3-13 anni e dei giovani da 14-19, cresciuta nel 2022 del 10% rispetto al 2021, complice il ritorno alla normalità di quasi tutti i mercati. A rivelarlo è BVA Doxa, che insieme a MLD Entertainment ha analizzato otto maxi-comparti, abbigliamento 0/14 anni, cinema, libri, TV, giocattoli, parchi, cartoleria e edicola, calcolando l’impatto sui consumi Kids e GenZ. E la crescita è guidata da abbigliamento e giocattoli, che con i rispettivi 4,5 miliardi e 1,5 miliardi di euro occupano il 70% del totale.

Parchi, cinema, libri

In forte recupero il fatturato dei parchi italiani, che secondo l’Associazione Parchi Permanenti Italiani/Confindustria nel 2022 tornano ai valori pre-pandemia a quasi 400 milioni di euro.
“Un dato confortante, cui corrisponde tuttavia il sorpasso di questo settore sul cinema, che pur con una vistosa crescita di incassi al botteghino dell’86% arriva a 272 milioni di euro – spiega Paolo Lucci di MLD Entertainment -.  Incassi che, per il 58%, provengono da film per famiglia, confermando una forte vocazione del settore ai kids”.
Quanto ai libri per ragazzi, sommati ai dati dei fumetti, portano il comparto a 300 milioni di euro, il 22% di tutto il mercato editoriale italiano del 2022 (dati AIE – Associazione Italiana Editori).

Come cambia il tempo libero in famiglia?

Se il gioco è l’ingrediente centrale del tempo libero dei 5-9 anni (60%), tra i più grandi la socialità diventa prioritaria. Le esperienze fisiche si arricchiscono di nuove tecnologie, dalla realtà virtuale al podcast, che riescono a dare una spinta al coinvolgimento dei ragazzi. Il gaming si conferma però una delle attività principali del tempo libero (50%), un ponte per i ragazzi verso le nuove forme di web in cui si possono già apprezzare evoluzioni vicine a un’idea di metaverso, un nuovo possibile territorio di investimento per i brand.

Il ruolo di social e influencer negli acquisiti

Quasi raddoppiata rispetto al 2019 la quota dei piccoli di 5-9 anni che hanno accesso ad almeno un social. Un aumento ancora più importante nella fascia 8-9 anni, decisamente significativo nei ragazzi tra 10-11 anni, e irrinunciabile per gli over 12.
“YouTube continua a crescere ed essere protagonista tra i piccoli fino a nove anni. A modificare gli equilibri – commenta Cristina Liverani di BVA Doxa -, la crescita di TikTok. Punto di riferimento per i 10-11 anni, si afferma anche tra i più grandi superando anche Instagram tra i 14-16 anni”.
Ma YouTube, Tiktok e Instagram sono vetrine di prodotti. Esposti a influencer, dai più specifici per la loro età ad altri più o meno famosi, anche Kids e GenZ sono pronti a recepire i suggerimenti che girano sul web.

Lavoro: le aziende non trovano i profili necessari

Secondo una ricerca condotta a livello internazionale da McKinsey e ripresa dal World Economic Forum, 3 aziende su 4 non riescono a trovare i profili necessari per la propria crescita. In pratica, il 43% delle aziende lamenta carenze di competenze all’interno della propria forza lavoro, percentuale che nei prossimi 5 anni potrebbe arrivare all’87%. Tra le principali e più difficili sfide delle aziende, oggi come domani, figura infatti proprio la selezione del personale. Senza i talenti necessari e le competenze indispensabili la crescita è preclusa, ed è a rischio anche la stabilità aziendale. Tanti processi di selezione del personale si chiudono quindi con un niente di fatto, con importanti perdite di tempo, denaro ed energie. 

Inflazione e crisi energetica non hanno scalfito il bisogno di talenti

Inflazione, crisi energetica, problemi geopolitici sembrano non aver scalfito il bisogno di talenti delle aziende. In uno scenario di questo tipo diventa fondamentale individuare una soluzione efficace, e allo stesso tempo conveniente, per attirare i talenti.
“In un mercato come quello attuale aumentano di mese in mese le aziende che si rivolgono a un head hunter per la ricerca di dirigenti, middle manager e personale qualificato – conferma Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati -. Se infatti normalmente il recruiting si affida al classico annuncio di lavoro, l’head hunting parte da una base diversa, prendendo in considerazione anche i candidati passivi, ovvero le persone che non sono alla ricerca attiva di lavoro, e che quindi non rispondono all’annuncio”.

Meglio affidarsi a una società di head hunting 

Affidandosi a una società di head hunting diventa quindi possibile attirare un numero più alto di candidati, soprattutto in un mercato dominato dal gap tra domanda e offerta. Ma questo non è l’unico vantaggio.
“La nostra società conta cacciatori di teste specializzati nelle varie aree di interesse, head hunter che quindi coltivano nel tempo un prezioso network di contatti all’interno dei singoli settori – continua Adami -: la ricerca del personale diventa così non solo più efficace, ma anche più rapida, per arrivare più velocemente all’assunzione del talento ricercato. Non va poi trascurato che un cacciatore di teste specializzato conosce perfettamente le esigenze delle imprese, e parla lo stesso linguaggio dei candidati”.

Un partner prezioso dei reparti Risorse Umane

Così facendo l’head hunter diventa un partner prezioso dei reparti Risorse Umane. Mentre le figure interne non perdono tempo nella selezione del personale, il cacciatore di teste gestisce in prima persona la ‘scrematura’ dei candidati e i colloqui di selezione, comprimendo le giornate necessarie e complessivamente, anche i costi.
“Grazie all’intervento di un head hunter esperto aumentano le probabilità di trovare il talento ricercato con un solo processo di selezione del personale, abbattendo le probabilità di dover ripetere questa attività o di finire per assumere la risorsa sbagliata – aggiunge la fondatrice di Adami & Associati -, evenienza che per un’azienda presenta costi molto importanti”.

Italiani più consapevoli e attenti allo spreco dell’acqua

A causa del caro vita il 94% degli italiani ha modificato le proprie abitudini domestiche in relazione agli elettrodomestici, riducendo l’uso dei sistemi di riscaldamento (52%) e lavatrice (46%), e prestando maggiore attenzione ai consumi di energia/gas (50%) e acqua (38%). Il 62% inoltre è preoccupato dai costi di questa risorsa. Secondo uno studio realizzato da Finish, in collaborazione con Ipsos in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua 2023, il 77% degli intervistati dichiara infatti di provare a ridurre il più possibile lo spreco d’acqua nella propria quotidianità, aumentando l’attenzione anche ai costi legati ai consumi domestici.

Più coscienti, ma ancora troppo “spreconi”

Insomma, gli italiani sono più coscienti della scarsità dell’acqua in Italia (41%) rispetto al 2022 (25%). Aumenta anche la consapevolezza rispetto alle aspettative future: il 31% si dichiara d’accordo con le previsioni del World Resources Institute, secondo cui l’Italia entro il 2040 vivrà in una condizione di profondo stress idrico. Se attenzione e consapevolezza sul tema sono per la prima volta in crescita dal 2020 rimangono alcuni comportamenti da migliorare. Gli italiani si confermano infatti tra i più spreconi in Europa, con 220 litri giornalieri pro-capite contro i 165 di media europea, a cui si aggiunge una scarsa consapevolezza. Solo il 46% è infatti cosciente di questa situazione.

Un consumo medio giornaliero pari a circa 500 litri a famiglia

Quanto al consumo medio per famiglia, il consumo medio giornaliero in Italia è di circa 500 litri, ma questo dato è riconosciuto solo dal 4% degli italiani. Più del 68% è invece convinto che il consumo medio giornaliero per famiglia sia inferiore ai 100 litri. Ma quali sono i comportamenti che gli italiani mettono in atto per provare a ridurre il proprio impatto sull’acqua? Il 68% dichiara di chiudere i rubinetti quando non necessario, il 71% di utilizzare la lavastoviglie solo a pieno carico, il 53% si impegna a fare docce più brevi, il 60% preferisce la doccia alla vasca. Il 33%, poi, sceglie di non sciacquare più i piatti a mano prima di metterli in lavastoviglie.

Risparmiare si può, anche con la lavastoviglie

Un dato, questo, che pone in evidenza l’impegno di sensibilizzazione portato avanti da Finish negli ultimi anni, e in linea con l’aumento del 3% registrato nel 2022 rispetto al 2021 e del 7% rispetto al 2020.
Tutto ciò si traduce in una stima circa il numero di famiglie (oltre 1.300.000 in tre anni) che hanno scelto di adottare questo comportamento. Con un risparmio d’acqua di 38 litri a ogni lavaggio e calcolando la media di utilizzo della macchina in una settimana (4,56 volte), questo comportamento ha determinato un risparmio complessivo di oltre 16,6 miliardi di litri d’acqua in tre anni, pari circa a 6.800 piscine olimpiche.

Lavoro: l’87% delle donne è ottimista, ma permane il pay gap

Tra le donne italiane prevale l’ottimismo per la riduzione del gender gap nel mondo del lavoro. Secondo l’87% delle intervistate dal sondaggio condotto da The Adecco Group Italia, dal titolo Donne & Lavoro – Il lato positivo, nel prossimo futuro la situazione lavorativa delle donne migliorerà. In particolare, secondo il 20% delle intervistate, aumenterà la presenza femminile nei ruoli manageriali, come CEO, Country Manager, o Amministratore Delegato. La ricerca di The Adecco Group Italia è basata su un ampio campione composto da aziende e da lavoratori, ma prende in considerazione unicamente le risposte femminili.

Ancora scarsa flessibilità e lenta crescita professionale

Secondo i risultati dell’indagine rimangono comunque sfide strutturali per il sistema Paese. La ricerca evidenzia infatti anche i principali ostacoli che le donne incontrano nel loro percorso professionale. In particolare, per il 30% delle intervistate tali ostacoli consistono in una scarsa flessibilità lavorativa, per il 29% si tratta del gap salariale e per il 17% la crescita professionale è troppo lenta. Inoltre, emerge da parte delle donne anche un’attenzione sempre maggiore verso la qualità della vita. Tanto che il 40% del campione considera il bilanciamento tra vita e lavoro un aspetto fondamentale, seguito, per il 25%, dallo stipendio e per il 22% dalla possibilità di crescita professionale.

In alcuni settori la presenza femminile è ancora troppo debole

Per migliorare la situazione, secondo le intervistate, le sfide principali che il Paese dovrà affrontare sono legate sia a una questione culturale sia ad azioni pratiche. L’aspetto culturale riguarda il fatto che in alcuni settori la presenza femminile è ancora troppo debole, a causa di fattori legati alla consuetudine a non ricoprire determinati ruoli o posizioni. Secondo circa il 65% delle intervistate è quindi importante aumentare la consapevolezza sulle possibilità di carriera già durante gli anni scolastici.

Più equità salariale, welfare e incentivi all’imprenditorialità femminile

Per quanto riguarda le azioni pratiche da intraprendere per attuare un cambiamento, sono legate soprattutto a equità salariale (per il 33%), welfare e misure di sostegno alla famiglia (per il 28%), e incentivi all’imprenditorialità femminile (per l’11%). Solo il 2% delle intervistate mostra di credere all’utilità delle quote rosa come strumento di cambiamento. Di fatto, i principali motori di questo cambiamento secondo le intervistate dovranno essere lo Stato italiano (per il 35%), le aziende (per il 28%), e l’Unione Europea (per il 18%).

Dichiarazione dei redditi 2023: novità e scadenze del modello 730

È online sul sito dell’Agenzia la versione definitiva del modello 730 e delle relative istruzioni per la sua compilazione. Il via libera definitivo dell’Agenzia delle Entrate sulla dichiarazione dei redditi 2023 riguarda i modelli 730, 730-1, 730-2, 730-3, 730-4, e il 730-4 integrativo. Ma cos’è il 730? È il modello per la dichiarazione dei redditi dedicato ai lavoratori dipendenti e pensionati. Il modello 730 presenta diversi vantaggi: il contribuente non deve eseguire calcoli e ottiene il rimborso dell’imposta direttamente nella busta paga o nella rata di pensione, a partire dal mese di luglio (per i pensionati a partire da agosto o settembre). Se, invece, si devono versare delle somme, queste vengono trattenute dalla retribuzione (a partire dal mese di luglio) o dalla pensione (a partire da agosto o settembre) direttamente nella busta paga.

Dedicato a chi ha percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati

Possono utilizzare il modello 730 i contribuenti che nel 2022 hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, redditi dei terreni e dei fabbricati, redditi di capitale, redditi di lavoro autonomo per i quali non è richiesta la partita Iva (ad esempio prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente), redditi diversi (ad esempio, redditi di terreni e fabbricati situati all’estero), e alcuni dei redditi assoggettabili a tassazione separata, come ad esempio, i redditi percepiti dagli eredi. A esclusione, però, dei redditi fondiari, d’impresa e derivanti dall’esercizio di arti e professioni.

Anche per i dipendenti senza sostituto d’imposta

Possono presentare il modello 730, anche in assenza di un sostituto d’imposta tenuto a effettuare il conguaglio, i contribuenti che nel 2022 hanno percepito redditi di lavoro dipendente, redditi di pensione e/o alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, e che nel 2023 non hanno un sostituto d’imposta che possa effettuare il conguaglio.In questo caso nel riquadro ‘Dati del sostituto d’imposta che effettuerà il conguaglio’ va barrata la casella ‘Mod. 730 dipendenti senza sostituto’.

Dal 30 aprile è online il modello precompilato

A partire dal 30 aprile, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei lavoratori dipendenti e dei pensionati il modello 730 precompilato nell’area dedicata del sito internet, a cui si accede utilizzando un’identità SPID o CIE o una Carta nazionale dei servizi. Il 730 precompilato deve essere presentato entro il 30 settembre, direttamente all’Agenzia delle Entrate, al Caf, a un professionista o al sostituto d’imposta. I termini che scadono nel giorno di sabato, o in un giorno festivo, sono prorogati al primo giorno feriale successivo.

I falsi miti della cybersecurity

Oggi gli utenti mediamente hanno più competenze informatiche, ma alcuni preconcetti, luoghi comuni e falsi miti sono difficili da sradicare, Panda Security mette in guardia gli utenti con i 10 falsi miti più pericolosi della cybersecurity, per sfatarli e proteggere meglio i dispositivi. Ad esempio, non è vero che gli hacker attaccano solo le grandi aziende. Gli hacker non sono giovanissimi nerd che smanettano per infiltrarsi nella rete dell’FBI o delle grandi corporation: i cybercriminali sono organizzati come imprenditori e prendono di mira anche il singolo utente. E non basta avere un antivirus e un firewall per essere al sicuro: è importante conoscere le minacce e seguire buone norme di comportamento online.

Apple è sempre sicuro?

Anni fa i dispositivi Apple erano pochi e i virus venivano sviluppati per colpire le piattaforme Microsoft. Certo, telefoni e computer Apple sono meno colpiti dai malware, ma non dagli attacchi di social engineering. Spesso, poi, chi lavora in ufficio è abituato a delegare la responsabilità del corretto funzionamento e della sicurezza dei dispositivi al dipartimento IT, ma oggi non è più possibile. Ogni utente finale ha la responsabilità di utilizzare correttamente dispositivi e account, conoscere minacce e rischi online. Inoltre, il mondo del lavoro è cambiato: con le modalità da remoto la superficie di attacco di un’azienda è più vasta. Senza la cooperazione dei singoli sarebbe impossibile monitorarla per intero.

Se subisco un attacco il computer smette di funzionare?

Alla fine degli anni ’90 i virus contagiavano un computer impegnandone tutta la capacità di calcolo e causando i tanto temuti ‘schermi blu’. Oggi, è molto più difficile che il pc si blocchi per esaurimento della ram o sovraccarichi di attività, inoltre i malware sono più sofisticati e funzionano in background cercando di non far scattare gli allarmi. Quanto ai furti di identità, non sono difficili da realizzare e non sono rari: rubare un’identità online significa quasi sempre ottenere l’accesso a un account e utilizzarlo per compiere altri cybercrimini. E non è vero che se non si scarica niente non si possono ‘prendere’ malware: il codice dannoso è presente sui siti di phishing tramite script, o si nasconde come payload nei pacchetti di installazione legittimi.

La navigazione in incognito tutela la privacy?

La modalità di navigazione in incognito impedisce ad altre persone che hanno accesso allo stesso dispositivo di controllare l’attività online, ma non incide sui dati salvati e visibili al produttore del browser e al fornitore di servizi Internet, nonché a eventuali amministratori di reti pubbliche a cui non ci si deve mai connettere! Inoltre, scegliere una buona password non basta: una buona password è quella suggerita da un password manager, e lo smartphone non è più sicuro del computer. Ormai, quando si utilizza lo smartphone è necessario fare ancora più attenzione, perché è un ambiente più ‘chiuso’ e meno controllabile dall’utente. E oltre alle minacce online, lo smartphone è suscettibile a sms truffa, phishing, truffe telefoniche e molto altro.

Spreco alimentare: italiani virtuosi, parsimoniosi o noncuranti?

Virtuosi, ben intenzionati, parsimoniosi o noncuranti? Sono questi i 4 identikit dei consumatori italiani in relazione allo spreco, elaborati dalla ricerca commissionata da Babaco Market a Bva Doxa. Gli italiani, tra ‘virtuosi’, ‘benintenzionati’ e ‘parsimoniosi’ rappresentano il 67% degli intervistati, e mostrano come la consapevolezza dello spreco alimentare spinga la maggioranza ad adottare comportamenti attivi antispreco per affrontare il problema in prima persona. In netta minoranza, gli italiani ‘noncuranti’, ovvero quelli che non si pongono il problema di sprecare il cibo.

“Mi organizzo e faccio tutto il possibile per non sprecare il cibo”

I virtuosi (30%) sono consapevoli dell’entità dello spreco alimentare e dei suoi effetti sull’ambiente, e ritengono molto importante l’obiettivo ONU per la sua riduzione entro il 2030. Presentano un’elevata attenzione a non sprecare cibo, per questo sono molto organizzati: acquistano piccole quantità di cibo, adottando un menu settimanale per regolarizzare acquisti e consumi. Amano molto la frutta e la verdura fresca, sono attenti alla stagionalità, e l’origine italiana dei prodotti è prioritaria nelle scelte di acquisto. Meno sensibili al prezzo, sono i più propensi a usare siti e app che supportano cibi Made in Italy e pratiche antispreco.

“Cerco di non sprecare, ma non ogni tanto capita…”

I ben intenzionati (21%) conoscono il problema dello spreco alimentare e il suo impatto sul cambiamento climatico. Ritengono molto importante agire in prima persona e sono molto attenti a non buttare via cibo. Tuttavia, qualche volta può succedere, perché dimenticano di consumarlo, oppure perché ne acquistano in eccesso. L’azione che adottano più frequentemente per contrastare lo spreco alimentare è porzionare e congelare il cibo. Amano frutta e verdura fresca, soprattutto perché sono considerate parte di una dieta sana. Non sono disposti a spendere di più per prodotti di marca quando acquistano frutta e verdura, ma sono poco attenti alla lista della spesa e alla programmazione settimanale. Per realizzare una migliore organizzazione hanno un interesse positivo verso siti e app che supportano cibi Made in Italy e pratiche antispreco.

“Non spreco per risparmiare” o “Conosco il problema, ma non mi attivo”

I parsimoniosi (16%) sono meno consapevoli dell’entità dello spreco alimentare e del suo impatto sull’ambiente, ma prestando massima attenzione a non sprecare cibo per questioni di risparmio, non buttano via niente grazie a un’organizzazione delle scorte per data di scadenza e all’acquisto di prodotti durevoli. Sono poco amanti di frutta e verdura fresca e più sensibili al prezzo. I noncuranti (33 %) invece hanno consapevolezza del problema, ma ritengono meno importante contrastare questo fenomeno. Prestano scarsa attenzione allo spreco di cibo e capita spesso che ne buttino via. Hanno una gestione degli alimenti poco oculata, si dimenticano di consumare il cibo, ne acquistano troppo o in formati troppo grandi e ne avanzano quando cucinano. Poco amanti di frutta e verdura fresca, stagionalità e provenienza dei prodotti non gli interessano. Acquistano spesso verdure surgelate o conserve, e sono poco organizzati.

Che caratteristiche dovrà avere l’ufficio perfetto?

Dopo il periodo della pandemia, anche i luoghi di lavoro vanno ripensati. Tra smart working, desiderio di appartenza, inclusione e necessità di avere comunque spazi vitali, i luoghi di lavoro non possono più essere gli stessi così come li abbiamo visti e frequentati nel passato. Per delineare quello che sarà il prossimo futuro degli spazi professionali e la loro evoluzione, Nomina ha realizzato una ricerca ad hoc per conto di Europa Risorse Sgr. L’indagine è stata recentemente presentata a Milano.

L’ufficio biofilico 

In base ai dati presentati, emerge che l’ufficio del futuro sarà biofilico. Ovvero un luogo capace di favorire l’integrazione dell’uomo con la natura, il benessere fisico e mentale dei lavoratori, ma anche in grado di ispirare e ospitare momenti di condivisione. 
“Le aziende cercano di andare incontro al lavoratore, in particolare i giovani e i nuovi talenti hanno bisogno di essere convinti ad arrivare in azienda. Pertanto, quasi tutte le società o almeno le più grandi hanno definito una modalità di lavoro ibrido, 50% da remoto e 50% in ufficio. Ma quel 50% di tempo che si spende in ufficio non deve essere più dedicato esclusivamente al lavoro nella propria scrivania, ma deve essere rivolto all’interazione, alla collaborazione. Quindi tutti gli uffici dovrebbero in futuro avere – come nel progetto ‘Welcome, feeling at work’ presentato oggi – una serie di accorgimenti in termini di spazi, layout e attrezzature che agevolino la collaborazione e l’interazione fra le persone. Un esempio su tutti: una volta esisteva la sala riunioni standard, in futuro ci saranno diverse tipologie di sale riunioni, da 2, da 4, da 6, da 8 da più persone, ci saranno luoghi dedicati alla collaborazione informale, per bersi un caffè, pranzare o fare yoga insieme, per interagire e collaborare, invogliando le persone a tornare in ufficio” ha detto Marco Leone, senior advisor Nomisma.  La seconda e grande iniziativa rappresentata da questo progetto e più generale da un trend è quella di un ufficio sostenibile, da un punto di vista ambientale, ma anche sociale. “Questo serve per risparmiare denaro e per trasmettere dei valori, una brand identity, una sensibilità ai temi di sostenibilità che oggi le persone vanno a ricercare”.

L’ufficio ideale

Qual è il rapporto oggi fra lavoratori e ufficio? Che sentimenti suscita lo spazio professionale? Oggi soltanto il 37% dei lavoratori si sente ispirato e solo il 17% prova felicità, mentre il 30% dei rispondenti ha dichiarato di provare ansia e il 38% noia. 
“Negli ultimi 12 mesi, i fattori che hanno determinato uno stato d’animo negativo al lavoro sono dipesi dalla ricerca di maggiori soddisfazioni economiche (45%), da una diminuzione della concentrazione dovuta ad ambienti poco favorevoli per lavorare (24% che sale al 41% per coloro che si recano in ufficio con uno stato di ansia), dalla ricerca di incarichi più mirati e soddisfacenti (26%) e di nuove opportunità di carriera (24%)” osserva Roberta Gabrielli, Senior Project Manager Nomisma.. Di contro, gli elementi in grado di determinare un approccio positivo al lavoro sono stati la flessibilità lavorativa (25%, che sale al 32% per coloro che si recano in ufficio provando sensazioni di felicità), il work-life balance (24%), la coerenza nell’etica e nei valori aziendali (12%) e una completa attenzione al benessere della persona (8%).

Organizzazione in funzione delle esigenze personali

Per i lavoratori, pertanto, l’ufficio ideale del futuro dovrebbe permettere di organizzare il lavoro anche in funzione delle esigenze personali per l’88%, favorire la “contaminazione” positiva (81%) e la condivisione con i cittadini di spazi comuni per attività di wellness e welfare (70%). In conclusione, a guidare la scelta della sede aziendale ideale per i lavoratori sono sia elementi hard – come la vicinanza alla metropolitana, la struttura dell’edificio, l’organizzazione della luce, del verde e degli spazi, e la sua collocazione all’interno della città – che aspetti soft, che impattano sulla crescita professionale della persona e sull’organizzazione del suo lavoro in azienda.

Come creare abiti personalizzati per il tuo bambino

Se non ci hai ancora pensato, ci sono diverse opportunità per creare abiti personalizzati per il tuo bambino, anche se non hai esperienza in fatto di sartoria.

Essere in grado di creare autonomamente gli abiti per i tuoi bambini infatti, significa riuscire a risparmiare considerevolmente ed al tempo stesso avere la certezza circa la qualità dei tessuti e la loro durata nel tempo.

Scegli il tessuto

Dato che il tessuto è una delle cose più importanti nella creazione di un abito o capo d’abbigliamento, è importante che tu scelga con cura quello giusto.

Scegli tessuti morbidi e confortevoli per la pelle delicata dei tuoi bambini, ma soprattutto quelli che per loro sono più comodi da indossare. Inoltre, assicurati che sia un tessuto resistente ai lavaggi e dunque che non si sciupi dopo qualche utilizzo.

Molto importante è inoltre la scelta del colore: puoi coinvolgere i tuoi bambini in questo e chiedere loro quale colore preferiscono.

Disegna il modello dell’abito

Una volta scelto il tessuto, è il momento di disegnare il modello dell’abito o capi d’abbigliamento. Puoi disegnare a mano o utilizzare un software di progettazione.

Assicurati di prendere correttamente le misure del tuo bambino per essere sicuri che l’abito gli calzi perfettamente.

Taglia e cuci

Una volta che hai pronto il tuo modello, è il momento di iniziare con la fase “taglia e cuci”. Ci sono tantissimi moduli che possono essere seguiti passo passo per la creazione di magliette, camicie, pantaloni e qualsiasi altro capo d’abbigliamento tu voglia realizzare.

Considera che procederai molto più speditamente nel lavoro se adopererai una macchina da cucire di quelle moderne e facili da usare anche per i principianti.

Come già saprai infatti, oggi esistono tanti modelli di macchine da cucire che possono rendere il processo di creazione di abiti personalizzati per i tuoi bambini ancora più facile e divertente.

Le macchine da cucire moderne sono dotate di funzioni particolari come il controllo della velocità, la regolazione della lunghezza del punto e la possibilità di cucire tessuti sia spessi che leggeri.

Inoltre, esse presentano una serie di accessori come piedini per la cucitura di cerniere, bottoni e altri dettagli. Questi accessori ti daranno la possibilità di creare capi personalizzati con maggiore precisione e facilità, a prescindere dal fatto che tu abbia esperienza o meno.

Tra l’altro queste funzioni ti permettono di creare modelli più belli ed elaborati, per un risultato finale certamente sorprendente.

Aggiungi i dettagli

Una volta che il tuo capo d’abbigliamento è cucito, sarà è il momento di aggiungere i dettagli che lo renderanno unico e particolare. Ad esempio, puoi aggiungere bottoni, nastri o paillettes a piacimento.

Non ci sono limiti alla creatività, ed in questo puoi coinvolgere anche i tuoi bambini chiedendo loro quale accessorio o dettaglio preferiscano venga inserito nel loro capo di abbigliamento.

Supervisione finale

Infine, una volta che l’abito o capo d’abbigliamento sarà completo, potrai effettuare una supervisione finale per assicurarti che non ci siano imperfezioni.

Stiralo e controlla che non ci siano fili sporgenti o piccole correzioni da fare. Assicurati che sia perfetto per il tuo bambino e faglielo provare per vedere se è anche comodo da indossare.

Conclusione

Creare un abito personalizzato per il tuo bambino può essere un’esperienza divertente e gratificante, in quanto ti permette di creare qualcosa di unico e speciale per il tuo bambino.

Inoltre, ti dà la possibilità di esprimere la tua creatività ed al tempo stesso anche di risparmiare denaro, il che è un vantaggio da considerare.

Detto questo, siamo sicuri che i tuoi bambini adoreranno indossare i capi che hai creato per loro con amore!

Gli italiani invecchiano, e le aziende pure: perchè serve il ricambio generazionale?

Il futuro è… grigio. E mai come in questo caso la definizione è conforme alla realtà. In base agli ultimi dati raccolti ed elaborati da Unioncamere e da Infocamere, entro il 2050 in Italia ci saranno più pensionati che lavoratori. Tra l’altro, i continui aumenti dell’età pensionabile non faranno altro che ridurre la produttività dell’Italia, scatenando la tempesta perfetta.

Aziende sempre più senior

La fotografia scattata da Unioncamere e infocamere è di dieci anni, dal 2012 al 2022. Rivela in particolare che i giovani under 30 con cariche di governance nelle aziende si sono ridotti di 130 mila unità mentre gli over 70 sono cresciuti di 280 mila.Nell’ultimo decennio, i titolari di impresa tra i 18-29 anni sono calati del 22,9% e come fa notare lo studio, questi numeri si spiegano con “l’effetto statistico della demografia negativa in una misura che può essere stimata al 20%, le coorti si riducono, le persone passano nelle classi di età superiori e non vengono rimpiazzate da nuovi ingressi”. Il tessuto imprenditoriale italiano, vera e propria colonna portante del sistema economico, si sta lentamente estinguendo in assenza di nuove risorse umane.

Il boom della fascia over 50

Se ci spostiamo sulla fascia over 50, c’è stato invece un vero e proprio boom: dal 2012 al 2022, quasi tutte le cariche (titolare, amministratore, dirigente tecnico) crescono tra il 15 e il 25%. In termini assoluti ci sono in più 188 mila titolari di impresa, 365 mila amministratori e 65 mila dirigenti tecnici, guidati da over 50.
Alla luce di questi numeri, è evidente come l’effetto demografico stia portando le imprese italiane verso un’obsolescenza umana ma anche e soprattutto di competenze.
Il re-skilling e l’age management in azienda non viene affrontato seriamente pur in presenza di organici non più giovani. Come rilevato da una ricerca condotta da Fondazione Sodalitas, AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) e Università Cattolica del Sacro Cuore, 1 azienda su 4 si occupa di age management in modo sistematico. Solo il 14% delle imprese implementa percorsi di mobilità interna o di sviluppo di carriera per i propri dipendenti senior.

Serve un serio piano di rinnovamento delle risorse umane

L’invecchiamento del personale finora è stato affrontato soltanto sul fronte dei benefit e delle politiche di welfare aziendale, ma senza approfondire invece l’aggiornamento delle skills, il ricambio e l’integrazione generazionale. In uno scenario economico sempre più tecnologicamente complesso, riferisce Adnkronos, l’Italia sta soffrendo non tanto per un ridotto numero di imprese quanto per imprese dove manca un serio rinnovamento delle risorse umane. La combinazione di questo quadro con l’alto debito pubblico rappresentano la tempesta perfetta in un Paese dove l’assenza di capitale umano qualificato va ad aggiungersi ad un sistema imprenditoriale che si va di anno in anno impoverendo di nuove energie.