I falsi miti della cybersecurity

Oggi gli utenti mediamente hanno più competenze informatiche, ma alcuni preconcetti, luoghi comuni e falsi miti sono difficili da sradicare, Panda Security mette in guardia gli utenti con i 10 falsi miti più pericolosi della cybersecurity, per sfatarli e proteggere meglio i dispositivi. Ad esempio, non è vero che gli hacker attaccano solo le grandi aziende. Gli hacker non sono giovanissimi nerd che smanettano per infiltrarsi nella rete dell’FBI o delle grandi corporation: i cybercriminali sono organizzati come imprenditori e prendono di mira anche il singolo utente. E non basta avere un antivirus e un firewall per essere al sicuro: è importante conoscere le minacce e seguire buone norme di comportamento online.

Apple è sempre sicuro?

Anni fa i dispositivi Apple erano pochi e i virus venivano sviluppati per colpire le piattaforme Microsoft. Certo, telefoni e computer Apple sono meno colpiti dai malware, ma non dagli attacchi di social engineering. Spesso, poi, chi lavora in ufficio è abituato a delegare la responsabilità del corretto funzionamento e della sicurezza dei dispositivi al dipartimento IT, ma oggi non è più possibile. Ogni utente finale ha la responsabilità di utilizzare correttamente dispositivi e account, conoscere minacce e rischi online. Inoltre, il mondo del lavoro è cambiato: con le modalità da remoto la superficie di attacco di un’azienda è più vasta. Senza la cooperazione dei singoli sarebbe impossibile monitorarla per intero.

Se subisco un attacco il computer smette di funzionare?

Alla fine degli anni ’90 i virus contagiavano un computer impegnandone tutta la capacità di calcolo e causando i tanto temuti ‘schermi blu’. Oggi, è molto più difficile che il pc si blocchi per esaurimento della ram o sovraccarichi di attività, inoltre i malware sono più sofisticati e funzionano in background cercando di non far scattare gli allarmi. Quanto ai furti di identità, non sono difficili da realizzare e non sono rari: rubare un’identità online significa quasi sempre ottenere l’accesso a un account e utilizzarlo per compiere altri cybercrimini. E non è vero che se non si scarica niente non si possono ‘prendere’ malware: il codice dannoso è presente sui siti di phishing tramite script, o si nasconde come payload nei pacchetti di installazione legittimi.

La navigazione in incognito tutela la privacy?

La modalità di navigazione in incognito impedisce ad altre persone che hanno accesso allo stesso dispositivo di controllare l’attività online, ma non incide sui dati salvati e visibili al produttore del browser e al fornitore di servizi Internet, nonché a eventuali amministratori di reti pubbliche a cui non ci si deve mai connettere! Inoltre, scegliere una buona password non basta: una buona password è quella suggerita da un password manager, e lo smartphone non è più sicuro del computer. Ormai, quando si utilizza lo smartphone è necessario fare ancora più attenzione, perché è un ambiente più ‘chiuso’ e meno controllabile dall’utente. E oltre alle minacce online, lo smartphone è suscettibile a sms truffa, phishing, truffe telefoniche e molto altro.