Imprese: nel 2023 saldo positivo, +42mila

In uno scenario economico caratterizzato da inflazione, tensioni geopolitiche e cambiamenti tecnologici, il saldo 2023 per le imprese italiane resta positivo, ma non per tutti gli ambiti di attività.
Oltre il 70% delle 42mila imprese registrate in più negli ultimi dodici mesi opera in soli tre macro-settori, costruzioni, turismo e attività professionali.
Insomma, nel 2023 più imprese edili, consulenti aziendali, B&B, meno imprese nel commercio, agricoltura e manifattura.

Dai dati Movimprese, elaborati da Unioncamere e InfoCamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio, emerge che il settore più dinamico, in termini di crescita imprenditoriale, è il comparto delle costruzioni.
Nonostante l’incertezza sulle prospettive dei bonus legati all’edilizia alla fine del 2023 il comparto conta 13.541 imprese in più rispetto al 2022 (+1,62%).

Boom per consulenza, hospitality e immobiliare  

Bene anche le attività professionali, scientifiche e tecniche, che a fine 2023 presentano un aumento significativo di 11mila imprese, trainate dal ‘boom’ della consulenza aziendale e amministrativo-gestionale. Il saldo positivo è di oltre 6.000 attività, per una variazione relativa dell’8%.
Anno positivo anche per il comparto della vacanza, in cui si contano 3.380 attività di alloggio aggiuntive (+5,13%) e 3.015 bar e ristoranti in più rispetto al 2022 (+0,77%).

Alla crescita hanno contribuito significativamente anche le attività immobiliari, che a fine 2023 contano 5.197 imprese in più dell’anno precedente (+1,72%).
A fronte di questi risultati positivi, i settori più tradizionali continuano a segnalare un restringimento della platea delle imprese.

Generale riduzione per commercio, agricoltura, manifattura

Il 2023 per il commercio si è chiuso con una riduzione complessiva di 8.653 attività (-0,6%), anche se il ‘processo di selezione’ ha riguardato essenzialmente il commercio al dettaglio, che nel 2023 ha perso quasi 7.700 unità. Nell’agricoltura, il bilancio di fine anno evidenzia una riduzione complessiva di 7.546 imprese (-1,05%) mentre la manifattura presenta una perdita complessiva di 2.962 imprese (-0,56%). 

Una performance per quest’ultimo settore che tocca tutti comparti, con la sola eccezione delle imprese di riparazione, manutenzione e installazione di macchine e apparecchiature (+1.137 unità), accompagnata da una sostanziale stabilità delle industrie di cantieristica navale, aerospaziale e ferro-tramviaria (+56), e delle bevande (+37).

Al Sud oltre un terzo del saldo annuale

Guardando al territorio, i dati indicano in crescita il tessuto imprenditoriale di tutte le quattro aree geografiche.
Con le sue 14.948 imprese in più, il Mezzogiorno ha determinato più di un terzo dell’intero saldo annuale, staccando il Nord-Ovest (+11.210) e il Centro (+10.626).

In termini assoluti, meglio di tutte hanno fatto Lombardia (+10.562), Lazio (+9.710) e Campania (+6.351). Il Lazio (+1,59%) registra invece la crescita più sostenuta in termini relativi; seguono la Lombardia (+1,12%) e la Campania (+1,04%).
L’intero saldo positivo è spiegato dalla crescita delle società di capitale: +57.846 (+3,1%), in linea con il 2022. Le imprese individuali continuano a rappresentare la metà dello stock di imprese esistenti (50,6%), ma sono in flessione di quasi 2mila unità (-0,1%).

Noleggio auto: se a lungo termine il trend è ancora più positivo

Secondo i dati di Aniasa, l’Associazione nazionale industria dell’autonoleggio, della sharing mobility e dell’automotive digital, il noleggio auto in Italia nel 2022 ha immatricolato circa 365mila vetture, con una quota complessiva di quasi il 28%. E nel primo semestre 2023 ha raggiunto una quota del 33% del totale dei veicoli nuovi messi su strada, immatricolando oltre 308mila vetture da gennaio a giugno (+47%). La crescita del settore sembra inarrestabile, ed è sostenuta dall’apprezzamento non solo da parte di aziende e professionisti, ma anche dei privati.

Un’alternativa all’acquisto dell’auto

A trainare il mercato è il noleggio auto a lungo termine (oltre 302mila vetture immatricolate nel 2022, +19%), una formula sempre più gettonata come alternativa all’acquisto dell’auto, e che ha raggiunto a livello nazionale una flotta di 1 milione e 197 mila veicoli. Con quasi 1 veicolo su 3 immatricolato per il noleggio a lungo termine, la locazione è una modalità sempre più gradita non solo dalle imprese ma anche dai privati, che oggi usano 163mila veicoli noleggiati con questa modalità (circa il 14% del totale dei mezzi a nolo circolanti in Italia).

La formula tutto compreso conviene

I motivi di questo trend sono molteplici. Oltre alla possibilità di pagare un canone mensile a prezzo fisso per tutta la durata del contratto (da 12 o 24 mesi a 60 o 72 mesi a seconda della compagnia), c’è la convenienza della formula tutto compreso. Nel canone sono infatti incluse le principali spese da sostenere, come immatricolazione del veicolo, assicurazione e manutenzione ordinaria e straordinaria.
Nella maggior parte dei contratti sono compresi anche altri servizi utili, come l’assistenza stradale 24/7 in Italia e in Europa e la telematica. Inoltre è possibile personalizzare il noleggio, ad esempio aggiungendo nel canone un veicolo sostitutivo, pneumatici a plafond o la polizza assicurativa per la tutela legale.

Un ruolo chiave nella mobilità sostenibile

I privati che optano per questa formula possono avere a disposizione una vettura sempre nuova e aggiornata nella dotazione tecnologica e nei dispositivi di sicurezza, tutelandosi da una serie di inconvenienti come la svalutazione commerciale, l’obsolescenza del mezzo o l’introduzione di nuove normative antinquinamento. Il noleggio auto a lungo termine sta poi trainando le immatricolazioni di vetture elettriche e ibride plug-in, affermandosi come una soluzione molto apprezzata per chi desidera scegliere un veicolo alimentato a batteria. In base ai dati Aniasa, nel primo semestre 2023 il noleggio ha immatricolato il 34% delle vetture elettriche e il 63% delle plug-in. Quest’ultime sono dotate sia di un motore termico a benzina (più raramente diesel) sia di un propulsore elettrico, per percorrere fino a 60-70 km senza produrre emissioni di CO2.

Intelligenza artificiale: una rivoluzione anche per il settore assicurativo?

Il potenziale riconosciuto alle nuove tecnologie all’interno del settore assicurativo viene confermato dallo studio Digital Disruption: l’impatto delle tecnologie emergenti sul settore assicurativo, realizzato da EY con il supporto IIA – Italian Insurtech Association e il sostegno di Liferay.
Tecnologie come l’intelligenza artificiale stanno trasformando radicalmente l’industria assicurativa, con implicazioni senza precedenti in termini di aumento della competizione tra gli operatori di mercato. In particolare, per il 44% delle Compagnie assicurative intervistate la tecnologia emergente con maggiore capacità di applicazione è l’Intelligenza Artificiale Generativa. Ma sebbene il potenziale del suo utilizzo sia ampiamente riconosciuto dai player assicurativi, quasi la metà delle Compagnie intervistate non l’ha ancora adottata all’interno del proprio business.

La barriera delle scarse competenze

Solo il 7% delle Compagnie assicurative riferisce un grado di maturità avanzata nell’implementazione dell’Intelligenza Artificiale Generativa, principalmente per la gestione dei sinistri.
Di fatto, la principale barriera nell’adozione di tecnologie emergenti nel settore rimane il gap di competenze tecniche, per il quale si rende funzionale un processo di formazione del personale (70%). 
Un gap dovuto alla difficoltà nel reperire le giuste risorse e al disallineamento fra linee IT e di business (69%), fattore che ostacola la trasformazione digitale nel settore. Per la maggior parte degli intervistati, quindi, emerge la necessità di creare una mentalità aziendale innovativa e accrescere le competenze all’interno dell’organizzazione, intervenendo su processi e metodologie di lavoro per cogliere efficacemente il contesto di cambiamento in corso.

Le più utilizzate sono Robotica e Intelligent Automation

Tra i vantaggi connessi all’utilizzo di AI Generativa gli intervistati sono concordi nell’individuare l’efficientamento dei processi esistenti (89%) e il miglioramento della relazione con la clientela (78%) 
In ogni caso, a oggi le tecnologie emergenti maggiormente utilizzate sono Robotica e Intelligent Automation (96%), di cui le principali applicazioni riguardano la gestione dei sinistri (70%) e la sottoscrizione ed emissione delle polizze (54%). 

I benefici di IoT e sensoristica avanzata

Inoltre, il 74% degli intervistati ha già implementato, a diversi livelli di maturità anche IoT e sensoristica avanzata per una più accurata quotazione del rischio (70%) e per lo sviluppo di prodotti parametrici (70%).
I benefici riscontrati dall’utilizzo di queste tecnologie, riporta Adnkronos, riguardano principalmente l’estensione dell’offerta e il miglioramento della relazione con i clienti (67%). Scarse applicazioni emergono, invece, per blockchain e metaverso. Nonostante si ritenga che l’impiego di queste tecnologie possa rafforzare il brand e migliorare la relazione con la clientela, la quasi totalità del campione fatica a vedere vantaggi e casi d’uso concreti.
“La sfida cruciale ora è adattare un mercato ancora ancorato a dettami analogici per sfruttare appieno il potenziale rivoluzionario dell’AI – commenta Gerardo di Francesco, Segretario Generale di IIA -, riprogettando processi e operatività”.

Salire sul tetto in sicurezza e a norma di legge

Se lavori per una ditta che si occupa di riparazioni e manutenzione e spesso il tuo lavoro consiste nel salire sul tetto, o se direttamente sei il proprietario dell’impresa, sarai certamente a conoscenza del fatto che la normativa vigente preveda l’adozione di determinate misure di sicurezza che possono consentire ai tuoi lavoratori di svolgere le proprie mansioni senza rischiare nulla.

La legge di settore è infatti sempre più precisa ed intenzionata a diminuire il numero di infortuni che ogni anno si presentano, in particolar modo per quel che riguarda le cadute dall’alto che certamente rappresentano un’importante voce in merito.

È lo stesso D.L.81/08 ad aver previsto tutta una serie di comportamenti da mantenere e attrezzatura da utilizzare al fine di poter operare in sicurezza, e ricordiamo che i responsabili lo sono anche in sede penale nel caso di mancata osservanza della legge.

Ecco per questo motivo alcune cose che devi necessariamente tenere a mente quando sali sul tetto di un edificio o quando mandi i tuoi operai a lavorare in alta quota.

L’obbligo di messa in sicurezza

Il D.L. 81/08 prevede che chiunque lavori ad una quota superiore ai 2 metri di altezza debba disporre di attrezzature idonee di sicurezza, dando la precedenza a quelle collettive rispetto quelle individuali.

Proprio il D.L. 81/08 specifica che tutti i lavoratori, siano essi autonomi o dipendenti, che effettuino qualsiasi tipo di manutenzione su edifici di qualsiasi tipo ad una altezza superiore ai due metri rispetto un piano stabile, sono obbligati (per conto del datore di lavoro) ad adoperare tutte quelle attrezzature di sicurezza che possono consentir loro di lavorare senza mettere a rischio la proprio incolumità.

In particolar modo va data priorità ai dispositivi di protezione collettiva prima ancora che a quelli individuali (ad es. sistema di imbracatura o linea vita tetto) che sono in grado impedire fisicamente la caduta dall’alto interrompendola nel caso in cui dovesse verificarsi.

Sempre il D.L. 81/08 individua le tipologie di edificio in cui è necessario predisporre gli adeguati dispositivi di sicurezza, e le tipologie di copertura per le quali i sistemi anticaduta sono necessari.

Vengono inoltre esaminati:

  • Caratteristiche proprie del tetto
  • Le sue condizioni con riferimento alla praticabilità
  • Pendenza e dislivelli
  • Sporgenza
  • Eventuali aspetti strutturali da considerare

Sulla base di queste rilevazioni, il responsabile della sicurezza in cantiere andrà ad individuare i dispositivi di sicurezza più adeguati da installare, così da consentire agli operai di poter lavorare senza andare a mettere a rischio la propria incolumità.

Praticabilità del tetto

Il tetto in cui gli operai sono chiamati a lavorare deve avere un’ottima praticabilità, ovvero essere in grado di sostenere il peso delle persone che vi cammineranno sopra durante le operazioni di lavoro, ma al tempo stesso deve essere dotato di tutti quei sistemi di protezione individuale o collettiva  di cui sopra.

Le due cose infatti vanno di pari passo ed insieme rappresentano un ottimo deterrente per incidenti di qualsiasi tipo, soprattutto quelli che riguardano le eventuali cadute dall’alto.

Le alternative ai dispositivi di protezione individuali o collettivi

È possibile salire sul tetto in assenza di dispositivi di protezione individuali o collettivi? Si, sebbene quella di ricorrere ai dispositivi di protezione sia sempre la strada migliore per raggiungere un livello di sicurezza adeguato.

Ad ogni modo è possibile non ricorrere ai dispositivi di protezione individuali e collettivi se si prevede l’installazione di sistemi di protezione alternativi.

Tra questi i ponteggi, sebbene essi abbiano certamente un costo più elevato, o le linee temporanee. Si tratta di soluzioni alternative che possono essere adottate in casi particolari, e che sono per questo consentite dalla legge.

Economia digitale, Milano Monza Brianza e Lodi +4,4% imprese attive

A Milano Monza Brianza e Lodi sono 16.476 le imprese digitali attive nei settori di e-commerce, produzione di software e consulenza informatica, telecomunicazioni e altri servizi legati al web. Numeri che definiscono il territorio come distretto digitale in Italia. Nell’ampia area metropolitana le imprese infatti nel 2020 crescono del +4,4%. Inoltre, in controtendenza con il dato generale, che tra il 2019 e il 2020 rileva un calo del -2,2% degli addetti a Milano, Monza Brianza e Lodi, nelle attività legate al digitale l’occupazione cresce del +4,5%, con 179.520 addetti nel 2020. Dai dati di bilancio disponibili relativi al 2019, emerge poi che nell’area Milano Monza Brianza Lodi l’economia digitale genera circa 46 miliardi di euro di ricavi.

Un valore misurato anche dalla capacità di generare occupazione

Dopo Milano Monza Brianza e Lodi, al primo posto della classifica “virtuale” dei territori più digitali d’Italia, si piazzano Roma, con 14.502 imprese, Napoli (6.907) e Torino (5.547). Una crescita continua, confermata, e probabilmente accelerata, nel 2020: nell’ampia area metropolitana le imprese crescono in un anno del +4,4%, con un trend positivo che nel periodo 2017/2020 vede un aumento complessivo del +13,5%. Ma il valore dell’economia digitale si misura anche dalla sua capacità di generare occupazione. Se nelle attività legate al digitale l’occupazione cresce del +4,5%, con 179.520 addetti nel 2020, l’andamento positivo è molto simile anche per la Lombardia, con un tasso di crescita del +4% (rispetto al -2,1% a livello generale) e per l’Italia, con +4% rispetto al -2,7% generale.

Le performance riflettono il peso dimensionale dei settori

Correlato alle dinamiche di trasformazione del “fare impresa” innescate da pandemia e lockdown, è l’e-commerce, che nell’area metropolitana nel 2020 fa registrare il tasso di crescita occupazionale più elevato, con un + 12,4% di addetti, seguito dal + 7,7% del settore produzione di software e consulenza informatica. Dai dati di bilancio disponibili relativi al 2019, emerge poi che nell’area Milano Monza Brianza Lodi l’economia digitale genera circa 46 miliardi di euro di ricavi, con performance che riflettono il peso dimensionale dei settori. In particolare, telecomunicazioni (oltre 23 miliardi), consulenza informatica e produzione di software (17 miliardi), servizi dell’informazione (3 miliardi), ed e-commerce (2,2 miliardi).

Imprese digitali, sempre più giovani e donne

Sul totale complessivo, le imprese digitali giovanili sono 1.878 (11,4%), con un’espansione che registra un incremento tendenziale nel 2020 del +14,2%, e che diventa del +29% nel periodo 2017/2020. Fenomeno ancora più evidente a livello regionale, con una variazione annuale del +16,4% (3.443 imprese nel 2020) e del +35% nel periodo pluriennale considerato. Tra Milano Monza Brianza Lodi l’universo femminile rappresenta il 18,4% del cluster digitale (3.027 imprese), leggermente sotto la media lombarda (20%, 5.561) e nazionale (21,4%, 27.461). Da rilevare i dati provinciali di Lodi (23%) e Monza Brianza (21,8%), entrambi superiori ai valori nazionali.

 

7 Italiani e influencer, in 20 milioni ne seguono almeno uno

Non solo persone, ma anche brand editoriali con profili social di spicco nelle community di riferimento: sono gli influencer, e se circa 20 milioni di italiani tra i 18 e i 54 anni ne seguono almeno uno il 48% segue un macro influencer. Sono proprio i macro influencer al centro della ricerca Italiani & Influencer, realizzata da Buzzoole, InfoValue e Mondadori Media, con l’obiettivo di approfondire le opinioni degli italiani nei confronti di una categoria sempre più importante nei consumi. In particolare, l’indagine analizza l’autorevolezza riconosciuta a gli influencer in nove campi specifici, da salute e benessere a famiglia e figli, da intrattenimento, tecnologia e scienza a bellezza e personal care, fashion, food e beverage, fino a viaggi e turismo, auto e moto.

Quanto e perché si segue un influencer

L’indagine analizza il rapporto degli italiani con gli influencer e i brand editoriali in relazione alla loro presenza sui social, e il tipo di ruolo che assumono nell’intrattenimento e nei processi d’acquisto. Il primo elemento riguarda la frequenza di consultazione dei loro profili. Il 37% dichiara di seguirli ogni giorno, mentre un altro 37% ogni 2/3 giorni. Ma perché si segue un influencer? Per i consigli che può dare (54%, soprattutto per il food) oppure in quanto esperto di singoli argomenti (51%, tecnologia e motori), oppure perché si prende come modello di riferimento con cui identificarsi (19%, fashion e famiglia).

Un consulente che gioca un ruolo determinante nell’acquisto

In merito alle piattaforme utilizzate, Instagram risulta il social di eccellenza (67%), seguito da Facebook (59%) e YouTube (53%), mentre il target giovane li segue su TikTok (9%) e il 4% su Twitch, riporta Ansa. Lo studio mette poi in risalto il ruolo dei macro influencer nel processo d’acquisto. Può essere il “tutor” che spiega un prodotto (54%), specialmente in ambito food e nel beauty, lo scopritore in grado di far conoscere nuovi beni (47%) nel tech e beauty, l’amico che sa indicare dove e quando fare un acquisto (41%), soprattutto per gli appassionati di auto e moto, o ancora, il trend setter per eccellenza (27%). Ci si aspetta quindi che l’influencer e il brand editoriale forniscano informazioni sulle diverse tipologie merceologiche, diventando un consulente che può giocare un ruolo determinante nell’acquisto.

Beauty, food, fashion, tecnologia, le categorie più condizionate per lo shopping 

Dopo avere indagato il ruolo giocato dai macro influencer all’interno del percorso d’acquisto, la ricerca ha esaminato quanto sia incidente la loro figura nella propensione alle spese: l’85% degli italiani ha dichiarato di tenere in considerazione la loro opinione sui social quando si tratta di acquistare un prodotto.

Ma quanti acquisti vengono “davvero” effettuati sulla base dei consigli degli influencer? Nell’ultimo anno circa la metà degli intervistati ha comprato una media di 2 prodotti o servizi consigliati da influencer o brand editoriali sui social: beauty, food, fashion e tecnologia sono le categorie in cui lo shopping viene condizionato maggiormente.

Italiani ultra65enni autonomi e attivi sul web: ecco il profilo dei nuovi boomers

Anziano a chi? Gli ultra65enni italiani sono ciò che di più distante si possa immaginare dal cliché del nonnino. Lasciati nel secolo scorso bastone e abitudini “tradizionali”, i boomers attuali hanno uno stile di vita che ricalca in tutto e per tutto quello dei millennials. Più della metà di essi (il 54%) si sente perfettamente a proprio agio nella società globale: il 79% dedica almeno un’ora della settimana a navigare in internet. Scendono TV (la guarda frequentemente il 54%) e le attività di tipo religioso (solo il 15% dedica almeno un’ora della settimana).

Informati e curiosi di esplorare cose nuove

Sono informati (l’87%), hanno molti hobby e voglia di mettersi alla prova su cose nuove (78%). Il 38% vorrebbe possedere sistemi di domotica controllabili da smartphone. Il 47% si interessa alle nuove mode e tendenze, ma in generale sono orgogliosi della loro autonomia. Bassa la fiducia per le banche e il loro servizi (58%). In più, ribaltando l’idea della persona in là con gli anni, il 67% del campione ritiene il sesso un elemento importante della propria vita. Questi alcuni dei dati della ricerca SWG a supporto del “Grey Scale Economy Lab”, un progetto esclusivo promosso da Havas PR – gruppo attivo nel settore comunicazione – in collaborazione con la società di ricerche di mercato e di opinione, che prevede l’istituzione di un osservatorio e un laboratorio di studio e ascolto relativo alla fascia “Over 65”.

Una generazione desiderosa di esplorare la nuova era digitale

Si parla quindi di “Una generazione attiva che si sente giovane e desiderosa di esplorare la nuova era digitale. Una generazione molto lontana dagli stereotipi consolidati, ma che dopo avere affrontato la rivoluzione culturale del 1968 durante la propria giovinezza è pronta a rimettersi in gioco e a rispondere alla sfida della società digitale” spiega Riccardo Grassi, coordinatore dell’indagine per conto di SWG.

Donne e uomini, non sono uguali (neanche da grandi)

Inoltre, secondo uno studio condotto dal Centro di Ricerche di Neuromarketing dell’Università IULM, i nuovi over 65 non sono equiparabili a quelli del passato e vi è una forte radicalizzazione delle differenze di genere: le donne rispetto agli uomini prestano più attenzione alle informazioni soprattutto “verbali” e alle singole sfumature del messaggio, sono più sensibili all’incoerenza informativa e mostrano maggiore attivazione psicofisiologica alle stimolazioni affettive. Tutti dati importanti per reinterpretare la terza età, un ‘momento attivo’ di opportunità e di ri-presa in carico, in piena consapevolezza, della vita.

Devoto-Oli: 400 neologismi in più, e tante novità per l’edizione 2020

Arriva in libreria l’edizione 2020 del Nuovo Devoto-Oli, il celebre vocabolario della lingua italiana pubblicato dalla casa editrice Le Monnier. E sono circa 400 le nuove parole che debuttano nell’ultima edizione, di cui la maggioranza è tratta dal lessico dell’attualità, come  terrapiattismo, della politica (fascistometro), e dell’economia e della finanza (manovra correttiva). Ma anche dalla cultura e i mass media (foodmania), giornali e televisione (detox,) gerghi e modi di dire (blastare), e ultime mode e tendenze (trap e trapper).

Non mancano i lemmi relativi ai temi ambientali, da plastisfera a plogging, da carbon free a guerrilla gardening, al lessico ecologico più in voga (climate change o ecotassa) o le parole “verdi”, ovvero quelle che hanno acquisito un nuovo significato proprio grazie ai problemi legati al clima, come sostenibile o economia circolare.

Nuove parole e definizioni riformulate

Nel vocabolario la riscrittura delle voci è costante, ed è effettuata “in maniera semplice, moderna e universalmente comprensibile – spiega una nota – per guidare il lettore all’uso corretto di una lingua complessa e in perenne trasformazione”.

Da ecoscettico a binge watching, cyberattivista, disinformatore, catfishing, sviluppismo, pay gap, o da antibufale ad antivaccinista, revenge porn, terrapiattista… sono solo alcuni esempi dei neologismi accolti dal Nuovo Devoto-Oli.

Un aggiornamento attento quindi anche alle parole di uso comune, che proprio per questo più risentono dei cambiamenti sociali e culturali. Tanto che le definizioni di sostantivi quali coppia, costituzione, cooperazione, o aggettivi quali autorevole, bisognoso e illusorio, sono state integralmente riformulate.

Il dizionario diventa digitale…

In base ai nuovi criteri internazionali in vigore dal 20 maggio di quest’anno, poi, si sono state aggiornate anche le unità di misura, con la modifica di tutte le relative definizioni: da metro a chilogrammo, da secondo ad ampere, da carica a frequenza.

Inoltre, con 75.000 voci, 250.000 definizioni, 45.000 locuzioni e le 3 nuove rubriche di pronto soccorso linguistico, il Nuovo Devoto-Oli 2020 nella sua versione cartacea è integrato alla versione digitale, disponibile come sito web e applicazione per tablet e smartphone Ios e Android. Con 35.000 lemmi e 50.000 definizioni in più il Devoto-Oli digitale offre funzionalità e strumenti pensati per avere il vocabolario sempre a portata di mano, compreso l’audio di tutte le voci per una pronuncia corretta, e la possibilità di condivisione del lemma, tramite e-mail o post sui principali social network.

…e più green

Concepito da Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli nel 1967 il Nuovo Devoto-Oli nell’edizione 2020 diventa più verde, non solo a parole o nel colore della copertina. Ma tramite un impegno concreto per un mondo più sostenibile, che si sviluppa in tre direzioni: l’utilizzo di carta certificata, che garantisce la sostenibilità della gestione dei boschi, un accordo con Treedom che darà vita in Sicilia a una foresta di 200 alberi di melograno, e un concorso per le scuole volto a sensibilizzare le giovani generazioni al rispetto dell’ambiente. In palio, alberi da piantare nei giardini delle classi vincitrici.

 

 

Dopo due mesi di calo la produzione industriale torna a salire, +0,9%

Nel mese di maggio 2019 l’Istat stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale aumenti dello 0,9% rispetto ad aprile. Dopo due mesi in calo la produzione industriale a maggio di quest’anno torna quindi a crescere in termini congiunturali, riportandosi sui livelli destagionalizzati di marzo.

La crescita mensile di maggio è estesa a tutti i settori, con l’esclusione dell’energia, ed è più accentuata per i beni strumentali. In termini tendenziali, invece, al netto degli effetti di calendario, sia l’indice generale sia quelli settoriali mostrano flessioni, con l’unica eccezione dei beni di consumo. Che registra una crescita moderata.

L’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali dello 0,7%

Corretto per gli effetti di calendario, a maggio 2019 l’indice complessivo però è diminuito in termini tendenziali dello 0,7%, poiché i giorni lavorativi sono stati 22, come a maggio dell’anno passato.

“A fronte della variabilità riscontrata nell’evoluzione congiunturale mensile da inizio anno – commenta l’Istat in una nota – il trimestre mobile rileva una lieve flessione congiunturale. La dinamica tendenziale corretta per i giorni lavorativi è in flessione per il terzo mese consecutivo. E nella media del trimestre marzo-maggio, il livello destagionalizzato della produzione diminuisce dello 0,1% rispetto al trimestre precedente.

L’indice destagionalizzato mensile mostra un aumento congiunturale per i beni strumentali

L’indice destagionalizzato mensile mostra invece un aumento congiunturale sostenuto per i beni strumentali (+1,9%), e un più modesto incremento per i beni di consumo (+0,9%) e i beni intermedi (+0,6%), mentre diminuisce il comparto dell’energia (-2,1%). Sempre a maggio 2019 gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano una moderata crescita tendenziale esclusivamente per i beni di consumo (+0,7%), al contrario, diminuzioni contraddistinguono i beni intermedi (-1,7%), e in misura più contenuta, i beni strumentali (-0,8%), e l’energia (-0,5%).

Variazioni tendenziali positive per alimentare, flessioni più ampie per tessile e abbigliamento

I settori di attività economica che registrano variazioni tendenziali positive sono le industrie alimentari, delle bevande e del tabacco e le altre industrie (+2,8% per entrambi i settori), e la fabbricazione di apparecchiature elettriche e di apparecchiature per uso domestico non elettriche (+1,4%).

Le flessioni più ampie, riporta una notizia Askanews, si registrano invece nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori, che segnano una diminuzione del -4,9%, nell’industria del legno, carta e stampa (-3,7%), e nella fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche, e di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-3,1%).

L’inflazione rallenta a gennaio. Scendono i prezzi, ma non per la verdura

Il 2019 si apre con un’inflazione in rallentamento, che accentua i segnali di debolezza dell’ultima parte del 2018 scendendo sotto il punto percentuale. Secondo i dati Istat a gennaio l’inflazione si ferma infatti allo 0,9% rispetto all’1,1% di dicembre, un  rallentamento imputabile prevalentemente al calo dei prezzi dei beni energetici, sia nella componente regolamentata (da +10,7% di dicembre a +7,9%) sia in quella non regolamentata (da +2,6% a +0,3%).

Frena anche il carrello della spesa, ma per la verdura fresca l’Istat segnala un aumento del 6,4%. Che secondo Coldiretti è colpa del clima pazzo di gennaio.

Il carrello della spesa

I prezzi del cosiddetto carrello della spesa con i beni alimentari, per la cura della casa e della persona, a gennaio passano a +0,6% (da +0,7% di dicembre), con aumenti inferiori all’indice generale. In particolare, dallo +0,5% di dicembre a gennaio per i beni alimentari l’inflazione scende a zero.

Rincari doppi rispetto alla media dei prezzi, invece, per gli alimentari non lavorati (+1,7%), sulla spinta dei vegetali freschi o refrigerati i cui prezzi aumentano del 6,4% su anno (sette volte di più del tasso generale). L’aumento dei prezzi delle verdure secondo la Coldiretti è conseguenza del clima pazzo che ha sconvolto i raccolti e ridotto le disponibilità sui mercati.

Bilanci familiari messi a dura prova

Secondo Federconsumatori l’inflazione a un tasso dello 0,9% comporta aumenti per le famiglie di circa 266,40 euro annui, riporta Ansa. “Nella fase attuale di recessione, importi come questo mettono a dura prova i bilanci familiari e, di conseguenza, l’intero sistema economico a causa dell’ulteriore contrazione della domanda interna”, si legge in una nota. Il reddito non cresce abbastanza rispetto all’andamento dei prezzi: dal 2013 al 2018 la crescita del reddito medio è stata del +4,4% (3,8% al netto dell’inflazione), mentre l’incremento della spesa del +6,4%. L’associazione indica poi due “gravi minacce” che potrebbero aggravare questa situazione: l’aumento della pressione fiscale, con le addizionali regionali e comunali, e l’incremento dell’Iva, che si prospetta a causa delle clausole di salvaguardia della manovra.

Nord-Est, tasso superiore alla media nazionale

Bolzano e Reggio Emilia a gennaio sono le città capoluogo con il maggiore tasso di inflazione (entrambe con +1,7%), seguite da Verona, con +1,4%. Perugia (+0,5%), Firenze (+0,4%) e Potenza (+0,2%) sono invece quelle con la crescita più contenuta.

Il Nord-Est, che passa da +1,2% a +1,1%, è l’unica area del Paese che mostra un tasso superiore alla media nazionale. Il Nord-Ovest invece passa da +1,2% a +0,9%, e le Isole da +1,0% a +0,9%. Il Centro, dove l’inflazione scende da +1,1% a +0,8%, e il Sud (da +1,0% a +0,8%) si collocano al di sotto dell’indice nazionale.